Martedì 4 aprile 2017 ore 20,30
Sala Africa dei Missionari Comboniani
in Vicolo Pozzo 1, Verona
 
Che cosa ha in serbo per il mondo e per l’Africa la presidenza americana di Donald Trump? Il tema sarà trattato da Fabrizio Maronta, giornalista, responsabile relazioni internazionali della rivista Limes diretta da Lucio Caracciolo e curatore di Heartland, Eurasian Review of Geopolitics.
L’intervento di Maronta sarà preceduto dalla testimonianza di suor Sara Antonini, missionaria comboniana, appena rientrata dal Sud Sudan che ci aiuterà a comprendere cosa sta avvenendo nella nazione sconvolta dalla guerra civile in corso dal 2013.
Moderatore della serata è padre Efrem Tresoldi, direttore di Nigrizia.
Gli Stati Uniti sono la più potente nazione economica, militare e finanziaria nel mondo e con le sue politiche determina equilibri e alleanze tra le nazioni. Donald Trump insediatosi a gennaio alla Casa Bianca fin dagli inizi ha mostrato di voler cambiare indirizzo nei rapporti con le nazioni che più contano nel panorama mondiale. «Nella visione di Trump – sostiene Lucio Caracciolo – la Cina è il capro espiatorio, per cui l’avvicinamento alla Russia risponde alla strategia di non combattere contemporaneamente su due difficili fronti. Infatti la Cina e la Russia rappresentano le priorità della politica americana, mentre l’Europa viene dopo».
A proposito di Europa, il neo presidente americano ha dichiarato più volte che l’Unione europea è destinata a sfaldarsi e ha esaltato la scelta del Regno unito di sfilarsi (Brexit). Trump ha anche messo in discussione l’Alleanza atlantica, che regola la collaborazione tra Europa e Usa in materia di difesa. Sebbene non parli più di alleanza obsoleta, il presidente americano insiste oggi su una ripartizione proporzionale degli oneri economici.
Sotto la leadership del nuovo inquilino alla Casa Bianca stanno mutando anche i rapporti tra Usa e mondo arabo. Per salvaguardare la sicurezza nazionale contro la minaccia del terrorismo internazionale, Trump ha emesso il divieto di ingresso negli Stati Uniti a cittadini provenienti da Iran, Libia, Siria, Somalia, Sudan e Yemen. Sorprendentemente, sono rimasti esclusi dall’elenco paesi dove i movimenti islamisti sono molto potenti come il Pakistan, l’Afghanistan e l’Arabia Saudita.
Il divieto di ingresso imposto ai sei paesi a larga maggioranza musulmana ha diviso il mondo islamico che non ha reagito alla discriminazione: i paesi penalizzati non hanno un peso politico importante, ad eccezione dell’Iran, acerrimo nemico dell’Arabia Saudita che non disdegna che sia finita nella lista dei paesi proscritti.
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