Pubblichiamo con piacere questo racconto di Barbara,  grande viaggiatrice e buona amica  della libreria :
TUNISIA : NATALE 2009

A dire il vero Natale è già passato, visto che oggi è il 26, ma di rigore il titolo è questo così ho deciso di non cambiarlo.
E’ strano trascorrere il Natale a casa, erano anni che non mi accadeva, infatti a casa nostra non esiste neanche l’albero di Natale e relativi addobbi, tanto non ci siamo mai in questo periodo.
Quest’anno però mi è sembrato doveroso avere almeno il presepe; così i primi del mese ho iniziato a farne uno di terra cotta, semplice semplice, con i personaggi base, tipo il bue, l’asinello, le pecore, il porcello, l’elefante; senza dimenticare Giuseppe che sembra più cattivo di Terminator, Maria che sembra ET quando scappa in bici nascosto dalla coperta ed il Bambinello che a stento si distingue da un baco da seta.
Capirete bene che il tutto, visto il mio estro creativo, ha richiesto una notevole attenzione e dedizione giornaliera. E la cometa? Non è mica tanto ovvio plasmare una cometa a memoria senza copiarla; da che parte va? Dipende sempre da dove siamo noi a guardarla…. Io inconsciamente ho deciso che va da sinistra verso destra.
Comunque tutte queste profonde riflessioni mi hanno distolta dalla cosa più importante che accade a dicembre, ovvero che si parte per il deserto, ritrovandomi così al giorno 25 con tutto o quasi tutto da sistemare. Ma niente paura, quest’anno possiamo allargarci, da veri signori comodi comodi carichiamo le moto sul nostro mitico furgone Bapi (un FIAT Ducato del ‘15-‘18) e scendiamo in Tunisia verso nuove avventure, concedendoci così qualche eccesso tipo gli scacchi e la battaglia navale da viaggio, il PC portatile, un libro da 450 pagine ed anche la crema idratante per mani e corpo.., da non crederci!!
Solo con il trascorrere dei giorni, però, capiremo che vent’anni di bagaglio striminzito da motociclista non si dimenticano d’un tratto e che un mucchio di cose che ci sarebbero state indispensabili ed avremmo potuto caricare nel furgone, erano invece rimaste a Verona.
Le moto sono tre, anche se noi siamo i soliti due.
WK, come ben noto, (lacrimuccia sulla guancia..) è stata sostituita da Lampo, una husqui 510, che già dal nome dovrebbe far immaginare il suo brillante temperamento, talmente brillante che PP è da fine settembre che ci lavora sopra nel tentativo di renderla un po’ più adeguata al mio stile di guida; ma temo che non sia proprio certo del risultato, visto che ha deciso di portare oltre al suo DRZ44o Pompelmo, anche Zorro, la Gas Gas400 sicuramente comoda e docile.
Il viaggio in autostrada verso Genova per metà lo facciamo da soli, in preda ad un euforia fanciullesca, poi ci uniamo al gruppo Chiodi che va in Algeria e con il quale dividiamo il biglietto del traghetto. Ma all’imbarco metà delle macchine del gruppo salgono e noi con altri tre rimaniamo quasi completamente soli nel piazzale, mentre si sparge la voce che il traghetto sia in over booking!
Stava per scattare il piano B, della serie tentiamo di salire sul traghetto che va in Marocco, quando decidono di farci salire.
Partiamo alle 17,00, dicono in ritardo, inizia così il nostro viaggio verso, speriamo, il caldo e la pace del deserto.
27/12 VERSO TUNISI
In traghetto quest’anno finalmente si vedono girare motociclisti veri, completamente vestiti da moto, tono su tono in base alla loro fede motociclistica, (vedi arancione per la KTM), ma al posto degli stivali da enduro, finché sono in nave si concedono le pedule.
Il più bello era un cappatiemmista elegantissimo nel suo completo nero ed arancio, al quale aveva abbinato dei fantastici infradito arancioni anch’essi.
I veri duri poi si distinguono dal fatto che una volta partiti da Genova ed iniziata l’avventura, decidono che sia inutile, anzi quasi deplorevole, curare il proprio aspetto, in quanto fa sicuramente più “dakariano” non pettinarsi.
Le capigliature alla Heinstein spuntano veloci come funghi!
Ma tutto questo folclore non fa più parte del nostro stile di viaggio, come è già evidente, con gli anni ci stiamo imborghesendo, dormiamo in cabina, mangiamo al ristorante per evitare le code al self service e giriamo in incognita con abiti “civili”, da cui non traspare che il nostro cuore palpiti per le due ruote tassellate.
Il cielo è grigio ed il mare sembra un’enorme distesa di piombo fuso ed è quasi calmo.
Chiacchieriamo con facce amiche che si incontrano di solito in traghetto e quasi senza accorgercene arriviamo a Tunisi che saranno le 14,00. Alle 15,00 siamo già fuori.
C’è un bel sole, ma il vento fischia forte e lungo la strada per Kairouan, ogni tanto dà una spintarella al Bapi.
Ci fermiamo all’Hotel Amina, che con 90 dinari ci dà una camera ben riscaldata, doccia bollente ed anche la colazione. Pagamento anticipato,… Devo avere una faccia poco raccomandabile!
28/12 KAIROUAN-DOUZ
Partiamo impazienti di arrivare a Douz e scaricare i nostri gioielli dal furgone.
Ogni tanto lungo la strada ci sorpassiamo con un gruppo di motociclisti italiani, sbracciandoci per salutarli al suono del Bapi clacson. Loro però corrono di più e ci seminano poco dopo.
Continuiamo a scendere a sud, si nota soprattutto dal paesaggio che cambia aspetto e colore, con il procedere dei chilometri.
Il vento continua a fischiare forte, tanto che mi metto a pensare ai motociclisti come se la stiano cavando, ed in più inizia ad esserci un po’ di sabbia che invade l’asfalto; mica ci beccheremo una tempestina subito come ben arrivati?! Niente paura, dopo pochi chilometri tutto torna normale.
Lungo la strada i palmeti sostituiscono gli ulivi ed è pieno  di banchetti che vendono datteri, non vedo l’ora di mangiarne un po’. Nella caotica e rumorosa Douz come prima cosa riempiamo le pance e poi cerchiamo da dormire, ma si sa benissimo che in fondo al nostro cuore siamo fedeli allo spartano e suggestivo hotel Saharienne Paradice.
Monsieur Slà ci riconosce subito e ci dà una silenziosa tripla al prezzo scontato per i gruppi, ben 70 dinari al giorno in due di mezza pensione! Neanche prendiamo possesso della camera che subito andiamo a scaricare le moto, la prima è lampo e poi zorro; PP ha tolto il tappo alla marmitta nuova akrapovich perché così sembra consumi meno, non resisto e la metto in moto: l’effetto sortito è un rombo deciso che fa scattare l’antifurto alla Clio parcheggiata lì vicino!!! Speriamo in bene..
A dicembre a rendere Douz così caotica è il festival del deserto che attira megrebini da ogni dove, più una minoranza di spettatori occidentali tipo noi. E’ uno spettacolo davvero emozionante, durante il quale cavalieri rigorosamente in costume “touareg” in sella a splendidi cavalli e possenti dromedari danno dimostrazione della loro abilità in gare e parate.
Lungo le strade che portano allo stadio sciami di moto-becane smarmittati a clacson spianato fanno la scicane fra i pedoni ad una velocità sorprendente, apparentemente senza schiantarsi!
Noi, quest’anno, siamo arrivati alla fine dello spettacolo, infatti, poco dopo la manifestazione è terminata e ci hanno permesso di entrare nell’arena per fotografare animali e cavalieri. Che emozione!! Durerà ancora due giorni ma noi credo che saremo in giro in moto, anzi, lo desidero vivamente, a maggior ragione dato che alle tre del pomeriggio il mio termometro segna 21° una temperatura davvero fantastica!
29/12: trip 163,33km,  avs46,89kmh (con 40 di asfalto), stp 3,29h, max123,9kmh, temp max 22°?.
Il  cielo è di un limpido celeste, ma anche se c’è il sole,  alle 9,00 il termometro segna 9°! Un po’ pochino per i miei gusti, così usiamo la tattica di vestirsi a cipolla ma con giacche leggere.
PP sistema i GPS, metto in moto e sento il mio povero cuore che inizia a battere forte neanche fossi allo start del rally Libia Desert Chellenge!
Per interfono gli dico che ho paura perché tocco pochissimo, e fra me e me mi auguro di non fare il primo volo proprio in cortile davanti a tutti, sarebbe un classico, anche se è da un po’ che non mi accade!!
Invece parto senza far danni, direzione il bar di Ibrhaim detto Caffè du Desert.
Su asfalto Lampo mi sembra vibri molto e che sia davvero grande, ma poi inizia la pista ed io ho altro a cui pensare.
All’inizio sono molto cauta, voglio capire come funziona, iniziano le ruare di sabbia e per un momento ho nostalgia di wk, così piccolina e conosciuta.., poi in un attimo di esitazione la moto si inclina ed io già mi vedo in terra, sono praticamente orizzontale, ma solo con un po’ di gas si rimette dritta come se nulla fosse, lasciandomi assolutamente basita. Fantastica.
Poco dopo incontriamo dei simpatici motociclisti italiani, con delle motone anche parzialmente cariche di bagagli, che arrivano senza troppe difficoltà al Caffè, ma mentre noi siamo diretti a Bir Soltane, loro andranno a Ksar Ghilane, le nostre strade si dividono presto.
Per Soltane PP lascia andare avanti me.
Da brava soldatina seguo la traccia del GPS anche se le dune hanno un orientamento che porterebbe un po’ fuori rotta. E’ qui che aspettavo di guidare Lampo, sulla sabbia vergine, dove sei tu che scegli dove passare, fissi un punto all’orizzonte e cerchi di raggiungerlo facendo meno fatica possibile e divertendoti sempre di più.
Il mio riguardo nei confronti di Lampo svanisce in fretta, mi trovo subito a mio agio con lei; la trovo estremamente ubbidiente e precisa, con motore e sospensioni che ti permettono anche qualche errore. Bellissima; la guido in piedi e sono molto emozionata, ma poi PP vuole provarla e mi dà Zorro, ma faccio quasi subito un capitombolo salendo su di una dunetta di sabbia borotalco, dove la moto resta piantata con l’anteriore ed io, disarcionata faccio una bella capriola in avanti.
Ognuno la propria moto riprendiamo la marcia, ma come giretto di prova è un po’ faticoso, infatti la sabbia è molle, non ti permette di correre, il vento è alle spalle e le moto non raffreddano, Zorro ha la ventola di raffreddamento attaccata, rischiamo di bruciare tutto!!
Ci fermiamo così a mangiare i nostri sacchetti contenenti bresaola, grana, crekers, fichi secchi e uovo sodo. Ne approfitto e mi svesto un po’, ci sono 22° e si suda.
Il vento non ha sosta, ci fa compagnia finché mangiamo arricchendo la nostra bresaola di sabbia,.. buonissima!!!
Finite le dunette infami, troviamo la pista, ammorbidiamo le sospensioni per viaggiare più comodi e dopo un po’ arriviamo all’asfalto, che in 40 km ci porterà a Douz.
Al distributore avremo la triste sorpresa che Lampo consuma come la Gas Gas, cioè fa i 16 con un litro, veramente pochino..
Prima di cena facciamo un salto in paese, PP ha il suo solito appuntamento con il barbiere che per 7 dinari gli fa un taglio da ultimo grido!
Io ne approfitto e vado in avan scoperta nel souk dell’artigianato locale. C’è un po’ di tutto, ma a me interessano i tappeti. Ne vedo tre belli, contratto un po’ sul prezzo, che mi sembra davvero ragionevole e torno da PP per la selezione.
Lui ha appena finito, ma mentre stiamo per ripartire passa con un quad il fratello della guida Alì, che ci aveva accompagnato qualche Natale fa in un bellissimo giro.
Ci fermiamo a salutarlo, ma lui ci dà una brutta notizia: Alì durante un giro con il 4×4 ha ribaltato la macchina ed è rimasto paralizzato alle gambe. Lo andiamo a trovare a casa, e lo troviamo seduto in carrozzella nel suo cortile.
A Doz sono asfaltate, e male, solo le strade principali; se da noi ci sono barriere architettoniche che rendono la vita difficile, a Douz Alì dove volete che vada?
Lui è sempre sorridente. Ripensiamo con gioia a quando ha cotto per noi il pane nella sabbia e preparato un cus cus piccantissimo di arissa. Ora non potrà più lavorare ma sembra sereno, ci dice :” c’est la vie, c’est la chance!”. Siamo molto a disagio non sapendo cosa dire, ma a lui ha fatto piacere ugualmente la visita.
Togliamo i disturbo e andiamo alla conquista dei tappeti scortati dal quad. Ne prendiamo due bellissimi e torniamo in Hotel per cenare,  accompagnati dal fratello di Alì, al quale regaliamo due paia di stivali Alpinestar, che PP non usa più, ed un casco da enduro. Lui carica tutto in equilibrio precario sul quad e ringrazia.
Il casco è quello che più probabilmente perderà lungo il tragitto, gli dico di indossarlo, lui sorride e mi chiede imbarazzato: “questo?”. Certo, gli faccio io, è un casco non un cappello, serve quando si guida! Ma temo che la tragedia accaduta al fratello non lo abbia sensibilizzato molto sull’argomento sicurezza; che figura può fare un ragazzo ad indossare un casco dove il resto del mondo circola felicemente senza?
Questa sera a nanna presto, siamo belli cotti e domani vorremmo andare a Ksar Ghilane.
30/12: trp105,67 km, avs45,27 kmh,  stp2,20h,  max142kmh consumo Lampo 13,53 kml, Pompelmo12,65kml.
Alla faccia del giretto di riscaldamento fatto ieri!!! Se mi fosse passato sopra un tir forse sarei meno indolenzita. Sarà l’età, sarà Lampo o le fasi lunari, ma oggi me ne starei volentieri bordo piscina a leggere il libro, invece si parte, con molta calma ma si parte.
Per il momento andiamo da Ibrhaim, e poi si vedrà. Ma già lungo la pista sento che le braccia sono in debito da ieri, meglio che oggi non prenda rischi e sia molto cauta.
Da Ibrhaim conosciamo due motociclisti italiani e con loro decidiamo di andare a Ksar Ghilane non per la pista del parco ma per la diretta.
Fa un bel caldino e la guida è movimentata perché le dune sono piccole e la sabbia è molto molle, sarebbe da girare in maglietta. PP avanti ed io chiudo il gruppo avvisandolo per interfono se ci sono intoppi.
Prendiamo un bel ritmo, ma quando le dune si fanno un po’ più omogenee uno dei due ragazzi ha un problema alla moto, l’acceleratore gli rimane bloccato al massimo.
In mezzo alle dune, con PP improvvisano un’officina d’emergenza, smonta sella, serbatoio e carburatore, senza far cadere nulla nella sabbia. Il problema è dato dal fatto che la scatola filtro aria è completamente piena di sabbia, carburatore incluso e se non si interviene continuerà a riempirsi da qui a qualche chilometro.
Nel mentre questi due ragazzi non la smettono un secondo di punzecchiarsi con battute l’un l’altro quasi da esasperarci, per quanto siano simpatici.., ed i lavori procedono abbastanza lentamente.
Il tempo passa, è più di un’ora che siamo fermi, ne approfitto per mangiucchiare un po’. A risolvere la questione arrivano due 4×4 francesi che ci regalano un po’ di grasso per sigillare la scatola filtro, ma quando siamo pronti a ripartire decidiamo di comune accordo di tornare da Ibrhaim a mangiare un panino, visto che oramai si son fatte le tre e ci sono sui 25°.
Con la pancia piena facciamo ancora quattro chiacchiere e poi torniamo a casa ognuno per conto suo.
Al distributore facciamo la comparativa consumi: Lampo batte Pompelmo 13,53 km-l contro i 12,65 e meno male che di sabbia ne avremo percorsi una trentina di chilometri, altrimenti saremmo rimasti per strada?
PP oggi ha provato la videocamera da casco, ma temo sia un fallimento, resta troppo bassa e pesa troppo, magari domani
troveremo un altro sistema.
A questo punto cosa c’è di meglio per le nostre membra stanche di un lungo e bollente bagno? Nulla.
31/12 Giro del Chott El Jèrid in Bapi
Purtroppo il bagno caldo non ha fatto miracoli, così PP propone di fare un giro turistico con il Bapi, dopo aver fatto manutenzione alle moto; di questo, è inutile dirlo, se ne occupa lui mentre io faccio un po’ di pratica con i GPS.
Partiamo verso le 10 in direzione El Faouar. Fino a lì nulla di nuovo perché c’eravamo già passati con Chiodi. E’ comunque molto pittoresco perché la strada, un po’ accidentata, scorre fra basse dunette di sabbia quasi bianca e sottilissima. Il lento ed incessante cammino della sabbia è stato parzialmente frenato da barriere realizzate con pezzi di palma piantati sulla cresta delle dune.
Ogni tanto superiamo un camioncino carico all’inverosimile di datteri. Siamo nel periodo della raccolta, a Douz, infatti, è pieno di negozzietti o bancarelle che non vendono altro.
Oltre le palme iniziano specie di acquitrini distinguibili da distese di alti ciuffi d’erba, color oro, che sembrano, a guardarli muoversi al vento, di soffice lana. Fa caldo, non so quanto ma viaggiamo con i finestrini aperti.
Il turismo di massa non arriva fino a qui, e i 4×4 sono più che mai sostituiti da carretti trainati dall’asinello. Poi il paesaggio cambia, finiscono le palme, le dune ed iniziano i cespugli, il tutto sarebbe meno interessante se non mi accorgessi che quelli che PP chiama sassi in verità sono rose del deserto disseppellite per poi essere vendute ai turisti. Ne vedo due che saranno quasi alte come me, PP preme sul pedale del gas terrorizzato che io voglia caricarle sul furgone! Ma insistendo riesco a farlo fermare. Ce ne sono tantissime, tante quante le voragini scavate nella terra. Ne raccolgo solo una per noi e due piccolissime da regalare a due care persone e ripartiamo.
Come ci capita spesso in questo viaggio siamo partiti poco attrezzati, infatti non abbiamo comprato neanche una bottiglia d’acqua e tantomeno fatto il pieno di gasolio. Il giro è lungo ed il Bapi entra in riserva, ma prontamente PP rabbocca con la tanichetta da 10 litri di scorta.
Passiamo una specie di pre frontiera con il controllo passaporti e proseguiamo in un paesaggio che sembra la terra di nessuno. L’Algeria adesso è davvero vicina, scorre il confine pochi metri ad ovest; è tanto vicina che riusciamo a vedere due automobili sfrecciare su una strada a noi parallela.
A questo punto, forse per l’emozione di rimanere a piedi con il Bapi, PP ha un’idea geniale: come troviamo un negozio compriamo dell’acqua e andiamo nel deserto a mangiarci una fumante polenta Arnaboldi, un modo come un altro per iniziare i preparativi per il fine anno!!
Detto fatto, controlliamo la direzione del vento per parcheggiare correttamente il Bapi, ed in un attimo allestiamo un fantastico ristorantino con area relax e tanto di brandine per la pennica post prandiale. Bellissimo, e la polenta in busta non mi è sembrata mai così buona!!
Ripartiamo a pancia piena e rilassati alla conquista di Nefta e quindi del distributore. Con 70 dinari riempiamo anche la tanichetta di scorta.
A Tozeur vorrei fermarmi ma facciamo solo un giro con il Bapi e mi stupisco di quanti nuovi hotel abbiano costruito, sembra Rimini.
Lungo le strade caotiche la cosa che ci colpisce di più è un rivenditore di polli allo spiedo che per attirare la clientela ha assoldato un DJ, con tanto di consolle e casse alte un metro dalle quali si diffonde musica locale ad una quantità di decibel che da noi sarebbe proibita anche per un concerto a San Siro!
Un suo collega fruttivendolo poco più avanti usa invece, oltre alla musica, delle luci psicadeliche, trovata geniale…
Arriviamo alla pace del Chot. Da questo versante è molto più suggestivo, con tutta la crosta di sale bianco che sembra neve. Quest’anno sembra completamente asciutto, l’acqua viola si intravede solo ai margini della strada asfaltata che lo attraversa.
Ci fermiamo ad ammirarlo, incerti se aspettare o no il tramonto, ma oggi è il 31, e non vorremmo arrivare tardi per il veglione. Così ci rimettiamo in marcia, anche non troppo spedita perché ad ogni villaggio che attraversiamo ci sono diversi “rompi molle” che ci obbligano quasi a fermarci.
Arriviamo a Douz con tipo 400 km in saccoccia, ecco perché mi sento un po’ stordita! Però fisicamente mi sono abbastanza ripresa, pronta per il giro di domani. Ma prima bisogna pensare a festeggiare, ci aspetta il cenone! Pare ci sia da pagare un supplemento di 5 dinari, quindi ci aspettiamo grandi cose.
Ma la triste verità è che il cenone lo faranno per un gruppo esterno, con tanto di orchestrina, noi residenti invece meno del previsto, una desolazione, anzi peggio perché fra l’altro confinati in un angolino per non disturbare!!
Ci sono altri quattro italiani, facciamo conversazione ma non andiamo oltre le 22, oserei dire quasi un record, e poi andiamo a nanna, non prima di aver aperto in camera il panettone Melegatti!
1/01: 226km  51,3 avs  4,25h  99 vel max, temp max 24°circa
Tanti auguri, tanti auguri, sms arrivano copiosi ai nostri cellulari. Per iniziare bene l’anno decidiamo di andare a Ksar Ghilane, partiamo alle 9.00 con 10.6°, il pile ci sta bene. Ma poco dopo aver iniziato la pista ci accorgiamo di aver saltato il bivio e di percorrerne un’altra che punta a Sud e non Sud Est. E’, scopriremo dopo, un taglio verso il posto di controllo, pochissimo frequentata ma molto divertente rispetto la solita, perché tutta curvette che ti obbligano ad una guida “sportiva”, risultato una bella sudata e togliersi il pile!
Si salta così Ibrahim e si arriva sulla pista per Ksar Ghilane quella che costeggia il parco naturale. La pista è molto veloce e spesso molto larga. Oggi è talmente trafficata che sembra di essere in statale; sono tutti i turisti che hanno festeggiato nel deserto ed ora rientrano negli alberghi. Noi siamo contro corrente. Solo a tratti è insabbiata, ma in ogni modo percorribile anche con moto non troppo performanti.
Lungo la pista ogni tanto sorgono “baretti” del deserto, ma noi rimaniamo fedeli ad Ibrahim e tiriamo dritti. Ma a pochi chilometri da Ksar il Pompelmo finisce con la posteriore su di un sasso che nella precedente vita era un rasoio, e per non tradire troppo le sue origini era lì piantato nell’attesa di tagliuzzare una cosa qualsiasi, il caso ha voluto che si trattasse di un Pirelli MT32 nuovo di zecca. E’ riuscito così bene nell’intento da aprire un varco di almeno 3 centimetri, lasciando la moto sul cerchio in soli dieci metri percorsi. Porco qui, porco là, adesso come faccio…, va bene, piano piano andiamo a Ksar, poi tu resti lì, io con Lampo torno a Douz, prendo il Bapi e torno in dietro su asfalto.
Questo era il piano, perché ripararla, con un taglio simile non se ne parlava neanche.
Alla faccia del piano-piano; lo vedo che va via almeno ai 40kmh con la moto che scodinzola come un gatto arrabbiato, io mi tengo a debita distanza e faccio da scopa!
Prima di arrivare all’oasi la pista scompare e si attraversa un cordone di dune, ma in questi giorni sono passati così tanti mezzi che sembra quasi abbiano spianato la sabbia lungo il percorso, è impossibile perdersi, basta seguire le tracce. E qui, con il copertone a terra il Pompelmo dà il meglio di se, con un’aderenza pazzesca arriva davanti la pozza dell’oasi in un batter di ciglia.
La pozza è piena di cadaverici turisti che fanno il bagno, altri noleggiano quad, oppure partono per un giro fino al forte romano con il dromedario, le 4×4 sono parcheggiate ovunque, è il momento di maggior afflusso.
Chiediamo a dei motociclisti italiani, che, davvero gentilmente, ci danno un copertone usato, ci vendono una camera d’aria nuova e ci mettono a disposizione i loro attrezzi.
Fare base qui mi sarebbe piaciuto molto, c’è un bel campeggio con delle grandi tende berbere munite di confortevoli letti di legno con materasso. Basterebbe portarsi il sacco a pelo.. Magari sarà per la prossima volta.
Verso la fine dell’oasi c’è una casina con file di taniche e bidoni in bella vista e pittoresche scritte sulle pareti ad indicare che lì si può acquistare benzina. Come ci avviciniamo un gruppetto di bimbi ci accoglie e chiama la mamma, che in un elegante abito di velluto blu, riempie una tanica da dieci litri e ce la porge. Ovviamente il prezzo è maggiorato, ma meno di quanto ci aspettassimo: 18 dinari piuttosto che 12,65.
Vorremmo fermarci alla pozza per un thè ma c’è troppa confusione, così ci mettiamo in marcia, la strada è lunga, saranno le due passate ed in più si sta alzando un vento micidiale.
Infatti come saliamo sul piccolo cordone il vento è già forte da far entrare sabbia attraverso la mascherina e farti lo scrub agli  occhi, che non è proprio una cosa piacevole!! Nonostante tutto, mi diverto ugualmente,  con Lampo che romba e si arrampica sulle dunette con estrema facilità.
Le cose si complicano da lì a poco, quando ricomincia la pista. Il vento soffia proprio in senso a noi contrario, alzando la sabbia che nasconde sassi buche ed altre ostilità. Non riesco a guidare in piedi, le braccia non mi tengono, è come se volessi alzarmi guidando ai 120kmh! Allora rimango seduta, anche se non mi sento a mio agio e benedico le sospensioni di Lampo, altrimenti sai che botte alla schiena..
Questa volta però percorriamo la pista più lunga ma più veloce, che è quella che passa da Ibrahim.
Facciamo cambio di moto, perché mi sembra che Lampo faccia un brutto rumore e non vorrei che si stia rompendo perché ci hanno dato benzina di pessima qualità, ma PP mi rassicura che va bene, e visto come si diverte mi tengo il Pompelmo.
So che mancano solo una trentina di chilometri, ma sono stufa. La tole ondulée se vado troppo piano è davvero fastidiosa e se corro non vedo i sassi, non vorrei proprio fare il  bis in giornata!!
Ma prontamente interviene PP, istigandomi per interfono, sfottendomi che vede benissimo che sto mollando, ed io che sono davvero stufa, “no, ti sbagli, non credo proprio”, ingarellandoci così in una piccola bagarre, durante la quale lui continuava a ridere e ripetermi che era proibito superarlo, che non potevo, anzi non dovevo, guaiiiii…
Arrivati in hotel, sporchi come minatori, ci siamo concessi un bagno ristoratore ed un po’ di nanne, con l’intento di andare a mangiare una pizza se anche questa sera il menu fosse stato scarso, invece è andata meglio del previsto, anche il dolcetto al cioccolato!!
2/01 Douz-El Sabria
Vuoi che ce ne fosse bisogno, vuoi che il fisico di chi non sto a precisare aveva qualche defaiance da ieri, abbiamo fatto dei lavoretti sulle moto, anzi su Lampo.
Ieri sentivo dei rumori diversi, uno in particolare mi sembrava di lamiera, in effetti l’occhio vigile di PP si accorge che è saltata la saldatura che tiene ferma la marmitta. Questo può significare due cose: una che Lampo vibra talmente tanto da spaccare tutto, e l’altra che la saldature, fatta in casa, fosse sotto stimata, a voi la scelta.
Per rimediare siamo andati in paese a cercare una fascetta e del materiale isolante, non è stato semplice ma ci siamo riusciti e la modifica almeno per oggi ha retto, anzi reggerà per l’intero viaggio.
Con l’occasione ci siamo concessi in brik all’uovo al ristorante con vista sulla strada principale; adesso Douz è quasi tornata alla normalità; finito il festival i turisti sono quasi tutti ripartiti e il traffico è costituito quasi esclusivamente dai moto becane MBK. Anche il nostro albergo è quasi vuoto.
Verso la 14 partiamo per un giretto su asfalto, direzione Es Sabria, che è dopo Zafrane. L’asfalto, quando si entra nel paese, finisce e la strada  che gira fra le case e baracche è di sabbia. Adulti quasi nessuno, forse sono a lavorare, ma di bimbi c’è ne sono tantissimi, che al nostro passaggio si sbracciano nel tentativo di convincerci ad impennare le moto, ma con noi cadono male, non siamo capaci..!
Ad un certo punto la stradina finisce a ridosso di un fortino. Ci fermiamo a guardarlo e, visto che è molto interessante, optiamo per un thè vista dune. Pare che si tratti di un forte francese, ora diventato rifugio per turisti e carovane, dove sono stati girati diversi films ed anche spot pubblicitari tipo uno degli ultimi della TIM.
Il thè era molto buono, facciamo qualche foto e torniamo in hotel a caricare le moto perché domani ci trasferiamo a Tatauine, ma lungo la strada sono costretta a fermarmi per fotografare un cartello stradale troppo inopportuno: attenzione attraversamento porcelli, e chi li ha mai visti in un paese musulmano?
3/01 Douz-Tataouine
Faccio ancora fatica a ricordarmi che siamo in gennaio, quindi non 3/12 ma 3/01, sarà forse perché ci sono mancati i brindisi e non ho fatto esplodere neanche un piccolo rauto?
Partiamo con calma verso le 9,30, non prima però di aver comprato una decina di chili di datteri da regalare ai nostri cari, e raccolte due taniche da venti litri di sabbia. Vi chiederete ma a cosa vi serve? Ebbene, i miei cactus da quando li ho trapiantati nella sabbia del deserto sono molto felici, crescono che è un piacere ed uno mi ha anche omaggiato di un delicato e profumato fiorellino giallo! Quindi..
L’umore è alto come al solito, ci sentiamo davvero rilassati da bravi vacanzieri. Pp lungo la strada che porta a Matmata come scorge una pista che si dirige verso una ipotetica destinazione interessante marca il punto sul GPS.
Matmata arriva e con lei anche questo paesaggio semi lunare, oserei dire, rappresentato da alte colline con i versanti corrosi dall’acqua in  solchi profondi, ogni tanto una palma qua e la, qualche pianta d’olivo e curve, si, delle belle curve dove il Bapi dà il meglio di se.
Le foto le faccio in movimento, non abbiamo intenzione di fermarci ora. Proseguiamo verso Médenine lungo quella che PP chiama una tortuosissima strada che mette a dura prova la sua resistenza di pilota da furgone.
Di Médenine PP ha un ricordo come di una località famosa per i gran panini, così ci mettiamo alla ricerca e fra un rivenditore di benzina libica, una testa di mucca appesa in bella mostra e pile alte due metri di soffici materassi, scorgiamo una vetrinetta di panini ed altre bontà.
Qui assisto ad uno degli spettacoli culinari più impressionanti che mi sia capitato, ovvero mi distraggo ordinando una focaccina fritta e quando mi volto vedo PP che fra le mani stringe, (con entrambe le mani, altrimenti non sarebbe riuscito…) un enorme panino, ma non per le dimensioni, piuttosto per lo spessore; nel suo interno gli avevano messo: arissa, cipolla con prezzemolo tritato, salsa piccante di lenticchie, carote, insalata, patatine fritte, tonno, olive e per concludere, nel dubbio fosse stato poco farcito, un uovo a frittata.
Lungo i cinquanta chilometro che percorriamo per arrivare a Tataouine penso a quanto sia piacevole viaggiare anche su asfalto quando le strade sono così poco trafficate, e mi viene anche da giustificare i nostri legislatori che ci asfissiano con norme sulla sicurezza, perché effettivamente noi siamo davvero in molti..
L’atmosfera è molto rilassata, passando lungo i paesini la gente sembra molto tranquilla, non c’è turismo, le botteghe vendono beni necessari alla vita quotidiana. Le case sono quasi sempre bianche, con le finestre e porte in ferro battuto celestine e non del solito turchese.
A Tataouine prendiamo possesso di una spartana camera all’hotel Mabrouk, dove su consiglio di altri motociclisti italiani non ci fermeremo a mangiare, pare sia meglio di no!
Scarichiamo le moto e andiamo a fare un giro segnalato paesaggistico sulla mia accuratissima cartina della Tunisia.
E’ quasi tutto su asfalto, ma ci entusiasma ugualmente. E’ un paesaggio mosso, con delle ripide ma non molto alte montagne di terra scura, quasi rossa, che mi ricordano molto i dintorni di Tauroudant in Marocco. E’ una zona caratterizzata dagli Ksar, antichi granai fortificati a più piani. Ne vediamo uno bellissimo dal nome di Ksar Ouled Soltan. E’ in cima ad una collina con la strada che gli gira intorno, quasi completamente integro, davvero uno spettacolo e nessun turista a fotografarlo tranne me.
Poco dopo prendiamo una pista per tornare a Tataouine, ma è molto breve e finisce subito su asfalto.
Un breve giro, ma sufficiente per farci capire che questa sia davvero una bella zona da scoprire, solo che non siamo abbastanza documentati, ma ci arrangeremo in un modo o nell’altro.
Nella collina sopra l’hotel c’è un dinosauro riprodotto, credo, in dimensioni naturali; la tentazione è forte, quindi prima di rientrare per la cena, ci arrampichiamo lungo la stradina che porta da lui e ci immortaliamo con autoscatto nelle solite pose sciocche per ridere un po’.
A cena ci troviamo con i nostri nuovi amici Toni e Frank di Pordenone, la serata passa così piacevolmente che facciamo le ore piccole, ben le 22,45, tardissimo per i nostri standard.
4/01
Oggi giro su pista.
Partiamo verso le 9,30 con già 17 gradi, ma c’è un bel venticello, che ci accompagnerà per l’intera giornata, che rende necessario il pile.
Passiamo per Chénini su asfalto, lungo quella che un tempo era una lenta e sassosa pista diretta a Ksar Ghilane.
La giornata è limpida e non rinuncio a scattare qualche foto. Percorriamo venticinque chilometri di asfalto e poi iniziamo la pista, la cui traccia era stata ricalcata da PP dalle foto di Google heart prima della partenza per la Tunisia.
La direzione per i primi chilometri è Ovest, poi si arriva al fatidico punto x dell’incrocio: di fronte a noi la pista continua larga e confortevole, mentre a sinistra scorgiamo la classica pistaccia scavata per misteriosi motivi dalle ruspe, dritta per dritta, incurante di montagne, dirupi, o quant’altro ed è ovvio che il beffardo Google ci spedisca giù di là. Ma Pompelmo e Lampo non hanno paura di niente, i piloti meno che meno e quindi si va.
Non incontrare anima viva è il termine più appropriato alla nostra situazione, perché non dico persone, ma almeno un dromedario o un asinello di solito lo vediamo, invece oggi niente; non trascurando il fatto che la pista a tratti è completamente mancante in seguito a remote inondazioni, a tratti è sepolta dalla sabbia sulla quale sono anche cresciuti dei lussureggianti cespugli e di tracce recenti neanche l’ombra; insomma dovrebbero essere tutti indizi atti a scoraggiarci, invece perseveriamo.
Ad aggravare il disagio ci si mette una recinzione di filo spinato che delimita non si sa cosa, che non sia un confine militare? Non è che ci sono le mine gli faccio per interfono a PP, e lui, ma non dire cavolate, ma non mi schiodo dalla traccia della sua ruota.
Da quando siamo a Tataouine la abbiamo notato una forte presenza di militari, lungo l’asfalto si incontrano piccoli convogli, spesso all’imbocco delle piste ci sono queste basse e larghe jeep mimetiche in appostamento, e dei ragazzi italiani ci hanno raccontato che da Ramada erano stati rispediti a Tataouine perché senza permesso.
A farla breve ci sta che fossi un po’ tesa ad attraversare recinzioni perse nell’apparente nulla!
Arriviamo all’asfalto, nessuno ci nota, nessuno ci ferma e filiamo verso Tataouine dal benzinaio.
Qui con grande soddisfazione scoprirò che Lampo ha migliorato i suoi consumi:…………. percorrendo ben 200 km senza lasciarmi per strada.
La sera a cena i nostri amici ci raccontano della bella pista che hanno percorso oggi per visitare alcuni sperduti ksar, ma che non hanno potuto ultimare in quanto troppo insabbiata.
Mi viene curiosità; l’alternativa, per noi che non abbiamo una buona cartografia della zona, è altrimenti percorrere la pista per Ksar Ghilane, ma io sarei più orientata sul vedere cose nuove, così PP si lascia convincere senza troppo entusiasmo.
5/01
Oggi i nostri amici partono per Gafsa, così ci perdiamo in lunghe chiacchiere fino al momento dei saluti.
Finalmente siamo pronti e partiamo; questa mattina, anche se il sole è caldo come al solito, c’è un freddo vento che soffia forte ed i gradi non mi sembra che salgano sopra i 17.
Il primo tratto è tutto su asfalto, il paesaggio è abbastanza piatto, non mosso da colline come verso Oled Soltane.
Vediamo in lontananza diverse ksar, più o meno diroccate, poi inizia la pista, ma non andiamo molto veloci, sia perché c’è una specie di tole onduleé che dà delle belle botte, sia perché con il vento guidiamo quasi sempre seduti; si alza molta polvere e sono costretta a viaggiare molto distante da PP per non rimanere nella sua scia.
Alcuni tratti sono insabbiati e mi immagino i nostri amici ieri mentre la percorrevano, a tratti si possono ancora scorgere le loro tracce.
Ad un certo punto sulla destra ci si presenta uno ksar di dignitose dimensioni in un buono stato di conservazione. Entriamo per visitarlo; qui all’interno si è abbastanza riparati dal vento, così decidiamo di fermarci per mangiare il nostro solito sacchetto, ma prima di aprire la bresaola PP si accorge della presenza di un gatto fra le macerie.
Seguo il miagolio e lo vedo che fa capolino fra i sassi, è piccolino e tutto nero. Non sembra abbandonato perché è in buona forma, ma continua a piangere a squarcia gola come se chiamasse la mamma; si avvicina a noi, forse ha sentito nell’aria l’odore della bresaola che nel frattempo abbiamo aperto.
Mangiamo in sua compagnia dividendo con lui il nostro pasto e la nostra acqua, mentre divora i bocconi fa le fusa ed “impasta il pane” con le zampine.
Al pensiero che fra poco tornerà la sua mamma ad accudirlo rimonto in moto ed in pochi metri siamo sull’asfalto.
Ma allora i nostri amici non sono arrivati a vedere lo ksar? E soprattutto per via di quell’ultima lingua di sabbia prima dell’asfalto si sono dovuti rifare tutta la pista al contrario?———–
E’ proprio vero che a seconda del mezzo che si guida le sensazioni di difficoltà o di divertimento possono cambiare enormemente!
La sera senza i nostri amici ceniamo ugualmente nel ristorante dell’hotel Sangro, ma non al self service, ma al ristorante, dove ci coccolano molto creando un’atmosfera davvero accogliente; gli spaghetti tagliuzzati corti corti sono solo un dettaglio di poca importanza..!!
6/01 Tataouine-Kairouan
E’ ora di puntare a nord, di avvicinarci lentamente a Tunisi.
Eravamo molto desiderosi di percorrere la via del ritorno lungo le strade che confinano con l’Algeria, fino ad attraversare la crumiria e sbucare a Tabarca, ma sentiamo Chiodi per telefono che ha già prenotato l’hotel Kasbah a Kairouan per tutti, così cambiamo programma senza pensarci troppo.
Lungo il percorso decidiamo di affiancare il primo moto becane da lunga percorrenza per regalargli la giacca invernale da moto che PP non usa più e finalmente scorgiamo un vecchietto che fa al caso nostro: procede con motorino scassatissimo, un casco aperto sotto il quale indossa il cappuccio del piumino per ripararsi dal vento. Lo affianchiamo e gli facciamo cenno di fermarsi, lui mette il cavalletto e si avvicina con un fare come se volesse capire di che aiuto abbiamo bisogno, invece, quando capisce che siamo noi a voler aiutare lui e prende in mano il giaccone, il suo viso si illumina. Non parla francese ed inizia a gesticolare in un misto di gioia e sorpresa, guarda al cielo e ringrazia, sembra sinceramente commosso dal fatto che una tale fortuna sia capitata proprio a lui.
Noi ripartiamo e dallo specchietto retrovisore lo vedo che si toglie il piumino per sostituirlo subito; ho quasi la sensazione che le persone di una certa età apprezzino di più un dono.
Il viaggio procede senza particolari degni di nota.
Qui i mestieri si improvvisano e si inventano più che da noi. Lungo la strada ho visto uomini vendere trecce enormi di peperoncini rossi dall’aspetto piccantissimo; altri che vendevano taniche di benzina e latte d’olio motore acquistati in Libia ad un prezzo decisamente inferiore; donne lontano da centri abitati che vendevano the caldo munite solo di una cassa di legno sulla quale era poggiato un fornelletto con sopra la teiera di metallo ed esposti due o tre bicchieri; oppure, quasi a Kairouan, ragazze che in una specie di anfora di terra cotta cuocevano delle tipiche piadine buonissime e le farcivano di arissa, tonno olive e formaggino alla faccia delle norme HACCP.
Quando si varca la sontuosa porta dell’hotel Kasbah di Kairouan si respira un’atmosfera quasi di un mondo diverso, eppure non siamo stati teletrasportati altrove;  le eleganti camere sono interamente rivestire di piastrelle disegnate con sgargianti colori verdi e blu su base bianca, il soffitto è in legno intarsiato e dipinto come il comò ed i comodini, per non parlare del buffè al ristorante che potrebbe sfamare metà del Sudan.
Dopo esserci riposati un po’ facciamo una passeggiata nella medina.
Qui si viene quasi rincorsi dai venditori di vasi o tappeti se solo il nostro sguardo, per curiosità, si è soffermato più di trenta secondi su un loro prodotto in vendita.
Lo stesso accade a me che indico a PP un bellissimo vaso color ocra. C’è attaccato il prezzo di 250 dh, ma il venditore prontamente mi dice che quello è il prezzo per gli americani, a me può venderlo a 140! Gli chiedo se sta scherzando e faccio per andarmene, ma è troppo tardi, la bagarre ha inizio: mi racconta la storia del vaso ed inizia ad abbassare il prezzo, io non sono interessata e proseguo il mio cammino. Credo di averlo dissuaso ma dopo pochi minuti lo sento che da lontano mi chiama: ”signora, signora, quanto ultimo prezzo. Dai 80 dinari”. Ci raggiunge e ci racconta che ha vissuto vicino Modena per due anni, che in Italia si sta bene, ma la vita, soprattutto se non si ha permesso di soggiorno, è molto dura e cara. Così è tornato in Tunisia, dove tutto sommato non ci sono soldi, non c’è lavoro, ma si sta bene.
Continua ancore un po’ la sua opera di convincimento ma noi non siamo interessati, è così bravo che alla fine PP gli regala i dieci dinari che ha in tasca e gli fa i complimenti per l’abilità di venditore, lui lo guarda sorpreso e così ce ne andiamo.
In hotel ci aspettano le esperte mani di due massaggiatrici che, dopo averci cosparso di olio profumato fino a farci sembrare anguille, ci assesteranno le membra per ben 55 minuti, fantastica coccola.
Per cena, su consiglio del cicciotto guardiano notturno,  andiamo a mangiarci una pizza al “piccolo mondo”, ma non c’è molto folclore da osservare, infatti è quasi deserta, sono tutti, rigorosamente uomini, radunati nei bar con tv a guardare la partita di calcio.
7/01 Kairouan-Kairouan
Questa mattina partiamo con il Bapi per un giro turistico sopra Kairouan. Non è molto lungo, all’incirca duecento chilometri, ma sulla carta è segnato in verde e noi siamo curiosi e vedovi dalle moto non vogliamo girar per musei, PP soprattutto!!
Faccio pratica con il GPS di PP ed imposto come destianzione Makthar, per un po’ si percorre la strada per Gafsa, poi, passata Chébika si gira a sinistra verso Haffouz, Kesra.
Poco dopo il bivio, lungo un rettilineo, PP mi chiede se ho visto anch’io il cinghiale; quale cinghiale? Così fa inversione e torniamo in dietro per fotografarlo; capperi, è un bel cinghialotto investito bordo strada, di quelli che già vedrei tramutati in buonissime salsicce affumicate o gustosi prosciutti, invece lui è lì, stecchito a zampe all’aria con le mosche che banchettano.
Lo spettacolo dura poco e ripartiamo, finestrino mezzo aperto perché PP fuma, ma poco dopo un rumore nuovo mi mette in allerta, “lo senti anche tu? Che cosa è?”.
Ci fermiamo e constatiamo che un bullone da sei si è avvitato nel copertone che si sta sgonfiando inesorabilmente.
PP mi ricorda che chi buca il primo dell’anno buca tutto l’anno, a me verrebbe da ridere, ma non mi sembra il momento così cerco di trattenermi, e lui mentre inizia il solito mantra di imprecazioni, “porco qui, porco lì, zio là …” si mette a leggere il manuale di istruzioni Fiat…. ‘Namo bene!!!
C’è da dire che in quasi tre anni che giriamo con il Bapi non avevamo neanche la chiave per smontare i copertoni, l’ha comprata PP poco prima di partire per la Tunisia, figuriamoci se fossimo preparati a montare la ruota di scorta!
In queste situazioni, come al solito, io faccio foto e giro filmini, e lui fa il lavoro sporco. E gli riesce anche bene!
Così torniamo a Douz in cerca di un gommista; un’officina con tanto di insegne colorate della Bridgestone sembra fare al caso nostro.
Come ci fermiamo, come in una gara di formula uno, cinque ragazzetti con età fra i tredici ed i diciassette anni prendono in mano la situazione; chi smonta la ruota di scorta, controlla la pressione di tutti i pneumatici, chi infila un silurotto di gomma nel buco dell’altra e così facendo in meno di dieci minuti siamo pronti a ripartire per la modica cifra di cinque dinari, pressappoco due euro e mezzo!
Torniamo sui nostri passi e riaffrontiamo la strada verso Gafsa come se nulla fosse accaduto, ma poco dopo aver oltrepassato il bivio per Makthar il rumore allarmante si ripropone: il tappo è stato sputato fuori dal copertone!
A questo punto Pp è super esperto e in pochi minuti ripete l’operazione di sostituzione.
Torniamo dalla gang e gli mostriamo il tappo; a questo punto, visto che il lavoro precedente era di qualità scadente, interviene il bos in persona, (che forse avrà avuto vent’anni), l’unico con i vestiti puliti e delle confortevoli pantofole in velluto verde, decide che un tappo non sia sufficiente, così ci appiccica una bella toppa e ci assicura che con questa arriveremo tranquilli in Italia.
Riprovare per la terza volta ad arrivare a Makthar ci sembra davvero sfidare il destino, così torniamo in albergo, visto che oramai si son fatte le due del pomeriggio!
I nostri amici del gruppo Chiodi arrivano in albergo verso le diciassette e con loro facciamo una passeggiata nella medina.
Il tipo che ieri voleva vendermi il vaso mi riconosce e mi rincorre offrendomelo a 50 dinari, niente male considerando che in partenza erano 140, ma a me non occorre, così sconsolato si arrende.
La sera guardiamo dopo quasi due settimane il tg su Rai 1. L’Europa intera sembra sotto una cappa di gelo, anche in Italia se non nevica piove a dirotto causando straripamenti e frane.
Speriamo solo che il mare con noi sia clemente, visto che pochi giorni fa il traghetto diretto a Genova si è dovuto fermare a Palermo per il mare forza 8.
8/01 Kairouan-Tunisi
Ecco arrivato il giorno fatidico. Oggi ci imbarchiamo.
A colazione l’argomento principale è il prossimo viaggio, non siamo ancora ritornati che subito si pensa a ripartire.
A febbraio Chiodi organizza il solito parco giochi per sole moto nell’Erg di Aubari in Libia. Pare che sia tutto organizzato e lui dà già per scontata la nostra presenza, ma se solo mi azzardo a parlare di ferie alla mia capa, temo che rischio l’osso del collo! Prendo tempo, non so se partirò, a me piacerebbe è logico, speriamo, Inshallah.
Arriviamo in porto verso le tredici, con largo anticipo, è il momento di comprare vasi e piatti.
In porto, prima dell’ingresso, i prezzi sono molto convenienti, bisogna solo avere un po’ di pazienza per sopportare il solito assalto da parte dei venditori.
Non riesco a spendere neanche la metà dei dinari che mi sono rimasti e con un bel bottino torno al Bapi.
Nel frattempo il piazzale inizia a popolarsi di 4×4 rivestiti di adesivi più o meno racing dakariani.
Arriva anche qualche motociclista, un paio hanno targhe tedesche ed io, mentre a Tataouine quando abbiamo caricato le moto sul Bapi ero un po’ triste e malinconica dell’essere in furgone, ora non li invidio neanche un po’ al pensiero che da Genova li aspetta neve e freddo fino a casa.

EPILOGO

Il viaggio in mare andrà meglio del previsto.
Niente onde forza 8, e tante chiacchiere in compagnia di quegli amici che solo in traghetto si incontrano, una o più volte l’anno, ed ogni volta ci si riconosce con affetto, come se appartenessimo tutti ad una grande famiglia, ci si aggiorna sui viaggi passati, su quello appena vissuto e si sogna per quello futuro. Tante persone diverse fra loro, ma in ogni modo con una grande cosa che ci accomuna, la passione per il viaggio, che se si svolge nel deserto è meglio ancora, a due ruote o quattro poco importa, l’importante è andare, come se fosse un irrefrenabile bisogno di disintossicarsi da tutta questa civiltà che inizia a starci stretta, con tutte le sue regole e proibizioni.
Fin quando ci permetteranno di sentire scricchiolare la sabbia fra i denti ci sarà sempre una bella storia da raccontare.
WB
Tunisia: Natale 2009
A dire il vero Natale è già passato, visto che oggi è il 26, ma di rigore il titolo è questo così ho deciso di non cambiarlo.
E’ strano trascorrere il Natale a casa, erano anni che non mi accadeva, infatti a casa nostra non esiste neanche l’albero di Natale e relativi addobbi, tanto non ci siamo mai in questo periodo.
Quest’anno però mi è sembrato doveroso avere almeno il presepe; così i primi del mese ho iniziato a farne uno di terra cotta, semplice semplice, con i personaggi base, tipo il bue, l’asinello, le pecore, il porcello, l’elefante; senza dimenticare Giuseppe che sembra più cattivo di Terminator, Maria che sembra ET quando scappa in bici nascosto dalla coperta ed il Bambinello che a stento si distingue da un baco da seta.
Capirete bene che il tutto, visto il mio estro creativo, ha richiesto una notevole attenzione e dedizione giornaliera. E la cometa? Non è mica tanto ovvio plasmare una cometa a memoria senza copiarla; da che parte va? Dipende sempre da dove siamo noi a guardarla…. Io inconsciamente ho deciso che va da sinistra verso destra.
Comunque tutte queste profonde riflessioni mi hanno distolta dalla cosa più importante che accade a dicembre, ovvero che si parte per il deserto, ritrovandomi così al giorno 25 con tutto o quasi tutto da sistemare. Ma niente paura, quest’anno possiamo allargarci, da veri signori comodi comodi carichiamo le moto sul nostro mitico furgone Bapi (un FIAT Ducato del ‘15-‘18) e scendiamo in Tunisia verso nuove avventure, concedendoci così qualche eccesso tipo gli scacchi e la battaglia navale da viaggio, il PC portatile, un libro da 450 pagine ed anche la crema idratante per mani e corpo.., da non crederci!!
Solo con il trascorrere dei giorni, però, capiremo che vent’anni di bagaglio striminzito da motociclista non si dimenticano d’un tratto e che un mucchio di cose che ci sarebbero state indispensabili ed avremmo potuto caricare nel furgone, erano invece rimaste a Verona.
Le moto sono tre, anche se noi siamo i soliti due.
WK, come ben noto, (lacrimuccia sulla guancia..) è stata sostituita da Lampo, una husqui 510, che già dal nome dovrebbe far immaginare il suo brillante temperamento, talmente brillante che PP è da fine settembre che ci lavora sopra nel tentativo di renderla un po’ più adeguata al mio stile di guida; ma temo che non sia proprio certo del risultato, visto che ha deciso di portare oltre al suo DRZ44o Pompelmo, anche Zorro, la Gas Gas400 sicuramente comoda e docile.
Il viaggio in autostrada verso Genova per metà lo facciamo da soli, in preda ad un euforia fanciullesca, poi ci uniamo al gruppo Chiodi che va in Algeria e con il quale dividiamo il biglietto del traghetto. Ma all’imbarco metà delle macchine del gruppo salgono e noi con altri tre rimaniamo quasi completamente soli nel piazzale, mentre si sparge la voce che il traghetto sia in over booking!
Stava per scattare il piano B, della serie tentiamo di salire sul traghetto che va in Marocco, quando decidono di farci salire.
Partiamo alle 17,00, dicono in ritardo, inizia così il nostro viaggio verso, speriamo, il caldo e la pace del deserto.
27/12 VERSO TUNISI
In traghetto quest’anno finalmente si vedono girare motociclisti veri, completamente vestiti da moto, tono su tono in base alla loro fede motociclistica, (vedi arancione per la KTM), ma al posto degli stivali da enduro, finché sono in nave si concedono le pedule.
Il più bello era un cappatiemmista elegantissimo nel suo completo nero ed arancio, al quale aveva abbinato dei fantastici infradito arancioni anch’essi.
I veri duri poi si distinguono dal fatto che una volta partiti da Genova ed iniziata l’avventura, decidono che sia inutile, anzi quasi deplorevole, curare il proprio aspetto, in quanto fa sicuramente più “dakariano” non pettinarsi.
Le capigliature alla Heinstein spuntano veloci come funghi!
Ma tutto questo folclore non fa più parte del nostro stile di viaggio, come è già evidente, con gli anni ci stiamo imborghesendo, dormiamo in cabina, mangiamo al ristorante per evitare le code al self service e giriamo in incognita con abiti “civili”, da cui non traspare che il nostro cuore palpiti per le due ruote tassellate.
Il cielo è grigio ed il mare sembra un’enorme distesa di piombo fuso ed è quasi calmo.
Chiacchieriamo con facce amiche che si incontrano di solito in traghetto e quasi senza accorgercene arriviamo a Tunisi che saranno le 14,00. Alle 15,00 siamo già fuori.
C’è un bel sole, ma il vento fischia forte e lungo la strada per Kairouan, ogni tanto dà una spintarella al Bapi.
Ci fermiamo all’Hotel Amina, che con 90 dinari ci dà una camera ben riscaldata, doccia bollente ed anche la colazione. Pagamento anticipato,… Devo avere una faccia poco raccomandabile!
28/12 KAIROUAN-DOUZ
Partiamo impazienti di arrivare a Douz e scaricare i nostri gioielli dal furgone.
Ogni tanto lungo la strada ci sorpassiamo con un gruppo di motociclisti italiani, sbracciandoci per salutarli al suono del Bapi clacson. Loro però corrono di più e ci seminano poco dopo.
Continuiamo a scendere a sud, si nota soprattutto dal paesaggio che cambia aspetto e colore, con il procedere dei chilometri.
Il vento continua a fischiare forte, tanto che mi metto a pensare ai motociclisti come se la stiano cavando, ed in più inizia ad esserci un po’ di sabbia che invade l’asfalto; mica ci beccheremo una tempestina subito come ben arrivati?! Niente paura, dopo pochi chilometri tutto torna normale.
Lungo la strada i palmeti sostituiscono gli ulivi ed è pieno  di banchetti che vendono datteri, non vedo l’ora di mangiarne un po’. Nella caotica e rumorosa Douz come prima cosa riempiamo le pance e poi cerchiamo da dormire, ma si sa benissimo che in fondo al nostro cuore siamo fedeli allo spartano e suggestivo hotel Saharienne Paradice.
Monsieur Slà ci riconosce subito e ci dà una silenziosa tripla al prezzo scontato per i gruppi, ben 70 dinari al giorno in due di mezza pensione! Neanche prendiamo possesso della camera che subito andiamo a scaricare le moto, la prima è lampo e poi zorro; PP ha tolto il tappo alla marmitta nuova akrapovich perché così sembra consumi meno, non resisto e la metto in moto: l’effetto sortito è un rombo deciso che fa scattare l’antifurto alla Clio parcheggiata lì vicino!!! Speriamo in bene..
A dicembre a rendere Douz così caotica è il festival del deserto che attira megrebini da ogni dove, più una minoranza di spettatori occidentali tipo noi. E’ uno spettacolo davvero emozionante, durante il quale cavalieri rigorosamente in costume “touareg” in sella a splendidi cavalli e possenti dromedari danno dimostrazione della loro abilità in gare e parate.
Lungo le strade che portano allo stadio sciami di moto-becane smarmittati a clacson spianato fanno la scicane fra i pedoni ad una velocità sorprendente, apparentemente senza schiantarsi!
Noi, quest’anno, siamo arrivati alla fine dello spettacolo, infatti, poco dopo la manifestazione è terminata e ci hanno permesso di entrare nell’arena per fotografare animali e cavalieri. Che emozione!! Durerà ancora due giorni ma noi credo che saremo in giro in moto, anzi, lo desidero vivamente, a maggior ragione dato che alle tre del pomeriggio il mio termometro segna 21° una temperatura davvero fantastica!
29/12: trip 163,33km,  avs46,89kmh (con 40 di asfalto), stp 3,29h, max123,9kmh, temp max 22°?.
Il  cielo è di un limpido celeste, ma anche se c’è il sole,  alle 9,00 il termometro segna 9°! Un po’ pochino per i miei gusti, così usiamo la tattica di vestirsi a cipolla ma con giacche leggere.
PP sistema i GPS, metto in moto e sento il mio povero cuore che inizia a battere forte neanche fossi allo start del rally Libia Desert Chellenge!
Per interfono gli dico che ho paura perché tocco pochissimo, e fra me e me mi auguro di non fare il primo volo proprio in cortile davanti a tutti, sarebbe un classico, anche se è da un po’ che non mi accade!!
Invece parto senza far danni, direzione il bar di Ibrhaim detto Caffè du Desert.
Su asfalto Lampo mi sembra vibri molto e che sia davvero grande, ma poi inizia la pista ed io ho altro a cui pensare.
All’inizio sono molto cauta, voglio capire come funziona, iniziano le ruare di sabbia e per un momento ho nostalgia di wk, così piccolina e conosciuta.., poi in un attimo di esitazione la moto si inclina ed io già mi vedo in terra, sono praticamente orizzontale, ma solo con un po’ di gas si rimette dritta come se nulla fosse, lasciandomi assolutamente basita. Fantastica.
Poco dopo incontriamo dei simpatici motociclisti italiani, con delle motone anche parzialmente cariche di bagagli, che arrivano senza troppe difficoltà al Caffè, ma mentre noi siamo diretti a Bir Soltane, loro andranno a Ksar Ghilane, le nostre strade si dividono presto.
Per Soltane PP lascia andare avanti me.
Da brava soldatina seguo la traccia del GPS anche se le dune hanno un orientamento che porterebbe un po’ fuori rotta. E’ qui che aspettavo di guidare Lampo, sulla sabbia vergine, dove sei tu che scegli dove passare, fissi un punto all’orizzonte e cerchi di raggiungerlo facendo meno fatica possibile e divertendoti sempre di più.
Il mio riguardo nei confronti di Lampo svanisce in fretta, mi trovo subito a mio agio con lei; la trovo estremamente ubbidiente e precisa, con motore e sospensioni che ti permettono anche qualche errore. Bellissima; la guido in piedi e sono molto emozionata, ma poi PP vuole provarla e mi dà Zorro, ma faccio quasi subito un capitombolo salendo su di una dunetta di sabbia borotalco, dove la moto resta piantata con l’anteriore ed io, disarcionata faccio una bella capriola in avanti.
Ognuno la propria moto riprendiamo la marcia, ma come giretto di prova è un po’ faticoso, infatti la sabbia è molle, non ti permette di correre, il vento è alle spalle e le moto non raffreddano, Zorro ha la ventola di raffreddamento attaccata, rischiamo di bruciare tutto!!
Ci fermiamo così a mangiare i nostri sacchetti contenenti bresaola, grana, crekers, fichi secchi e uovo sodo. Ne approfitto e mi svesto un po’, ci sono 22° e si suda.
Il vento non ha sosta, ci fa compagnia finché mangiamo arricchendo la nostra bresaola di sabbia,.. buonissima!!!
Finite le dunette infami, troviamo la pista, ammorbidiamo le sospensioni per viaggiare più comodi e dopo un po’ arriviamo all’asfalto, che in 40 km ci porterà a Douz.
Al distributore avremo la triste sorpresa che Lampo consuma come la Gas Gas, cioè fa i 16 con un litro, veramente pochino..
Prima di cena facciamo un salto in paese, PP ha il suo solito appuntamento con il barbiere che per 7 dinari gli fa un taglio da ultimo grido!
Io ne approfitto e vado in avan scoperta nel souk dell’artigianato locale. C’è un po’ di tutto, ma a me interessano i tappeti. Ne vedo tre belli, contratto un po’ sul prezzo, che mi sembra davvero ragionevole e torno da PP per la selezione.
Lui ha appena finito, ma mentre stiamo per ripartire passa con un quad il fratello della guida Alì, che ci aveva accompagnato qualche Natale fa in un bellissimo giro.
Ci fermiamo a salutarlo, ma lui ci dà una brutta notizia: Alì durante un giro con il 4×4 ha ribaltato la macchina ed è rimasto paralizzato alle gambe. Lo andiamo a trovare a casa, e lo troviamo seduto in carrozzella nel suo cortile.
A Doz sono asfaltate, e male, solo le strade principali; se da noi ci sono barriere architettoniche che rendono la vita difficile, a Douz Alì dove volete che vada?
Lui è sempre sorridente. Ripensiamo con gioia a quando ha cotto per noi il pane nella sabbia e preparato un cus cus piccantissimo di arissa. Ora non potrà più lavorare ma sembra sereno, ci dice :” c’est la vie, c’est la chance!”. Siamo molto a disagio non sapendo cosa dire, ma a lui ha fatto piacere ugualmente la visita.
Togliamo i disturbo e andiamo alla conquista dei tappeti scortati dal quad. Ne prendiamo due bellissimi e torniamo in Hotel per cenare,  accompagnati dal fratello di Alì, al quale regaliamo due paia di stivali Alpinestar, che PP non usa più, ed un casco da enduro. Lui carica tutto in equilibrio precario sul quad e ringrazia.
Il casco è quello che più probabilmente perderà lungo il tragitto, gli dico di indossarlo, lui sorride e mi chiede imbarazzato: “questo?”. Certo, gli faccio io, è un casco non un cappello, serve quando si guida! Ma temo che la tragedia accaduta al fratello non lo abbia sensibilizzato molto sull’argomento sicurezza; che figura può fare un ragazzo ad indossare un casco dove il resto del mondo circola felicemente senza?
Questa sera a nanna presto, siamo belli cotti e domani vorremmo andare a Ksar Ghilane.
30/12: trp105,67 km, avs45,27 kmh,  stp2,20h,  max142kmh consumo Lampo 13,53 kml, Pompelmo12,65kml.
Alla faccia del giretto di riscaldamento fatto ieri!!! Se mi fosse passato sopra un tir forse sarei meno indolenzita. Sarà l’età, sarà Lampo o le fasi lunari, ma oggi me ne starei volentieri bordo piscina a leggere il libro, invece si parte, con molta calma ma si parte.
Per il momento andiamo da Ibrhaim, e poi si vedrà. Ma già lungo la pista sento che le braccia sono in debito da ieri, meglio che oggi non prenda rischi e sia molto cauta.
Da Ibrhaim conosciamo due motociclisti italiani e con loro decidiamo di andare a Ksar Ghilane non per la pista del parco ma per la diretta.
Fa un bel caldino e la guida è movimentata perché le dune sono piccole e la sabbia è molto molle, sarebbe da girare in maglietta. PP avanti ed io chiudo il gruppo avvisandolo per interfono se ci sono intoppi.
Prendiamo un bel ritmo, ma quando le dune si fanno un po’ più omogenee uno dei due ragazzi ha un problema alla moto, l’acceleratore gli rimane bloccato al massimo.
In mezzo alle dune, con PP improvvisano un’officina d’emergenza, smonta sella, serbatoio e carburatore, senza far cadere nulla nella sabbia. Il problema è dato dal fatto che la scatola filtro aria è completamente piena di sabbia, carburatore incluso e se non si interviene continuerà a riempirsi da qui a qualche chilometro.
Nel mentre questi due ragazzi non la smettono un secondo di punzecchiarsi con battute l’un l’altro quasi da esasperarci, per quanto siano simpatici.., ed i lavori procedono abbastanza lentamente.
Il tempo passa, è più di un’ora che siamo fermi, ne approfitto per mangiucchiare un po’. A risolvere la questione arrivano due 4×4 francesi che ci regalano un po’ di grasso per sigillare la scatola filtro, ma quando siamo pronti a ripartire decidiamo di comune accordo di tornare da Ibrhaim a mangiare un panino, visto che oramai si son fatte le tre e ci sono sui 25°.
Con la pancia piena facciamo ancora quattro chiacchiere e poi torniamo a casa ognuno per conto suo.
Al distributore facciamo la comparativa consumi: Lampo batte Pompelmo 13,53 km-l contro i 12,65 e meno male che di sabbia ne avremo percorsi una trentina di chilometri, altrimenti saremmo rimasti per strada?
PP oggi ha provato la videocamera da casco, ma temo sia un fallimento, resta troppo bassa e pesa troppo, magari domani
troveremo un altro sistema.
A questo punto cosa c’è di meglio per le nostre membra stanche di un lungo e bollente bagno? Nulla.
31/12 Giro del Chott El Jèrid in Bapi
Purtroppo il bagno caldo non ha fatto miracoli, così PP propone di fare un giro turistico con il Bapi, dopo aver fatto manutenzione alle moto; di questo, è inutile dirlo, se ne occupa lui mentre io faccio un po’ di pratica con i GPS.
Partiamo verso le 10 in direzione El Faouar. Fino a lì nulla di nuovo perché c’eravamo già passati con Chiodi. E’ comunque molto pittoresco perché la strada, un po’ accidentata, scorre fra basse dunette di sabbia quasi bianca e sottilissima. Il lento ed incessante cammino della sabbia è stato parzialmente frenato da barriere realizzate con pezzi di palma piantati sulla cresta delle dune.
Ogni tanto superiamo un camioncino carico all’inverosimile di datteri. Siamo nel periodo della raccolta, a Douz, infatti, è pieno di negozzietti o bancarelle che non vendono altro.
Oltre le palme iniziano specie di acquitrini distinguibili da distese di alti ciuffi d’erba, color oro, che sembrano, a guardarli muoversi al vento, di soffice lana. Fa caldo, non so quanto ma viaggiamo con i finestrini aperti.
Il turismo di massa non arriva fino a qui, e i 4×4 sono più che mai sostituiti da carretti trainati dall’asinello. Poi il paesaggio cambia, finiscono le palme, le dune ed iniziano i cespugli, il tutto sarebbe meno interessante se non mi accorgessi che quelli che PP chiama sassi in verità sono rose del deserto disseppellite per poi essere vendute ai turisti. Ne vedo due che saranno quasi alte come me, PP preme sul pedale del gas terrorizzato che io voglia caricarle sul furgone! Ma insistendo riesco a farlo fermare. Ce ne sono tantissime, tante quante le voragini scavate nella terra. Ne raccolgo solo una per noi e due piccolissime da regalare a due care persone e ripartiamo.
Come ci capita spesso in questo viaggio siamo partiti poco attrezzati, infatti non abbiamo comprato neanche una bottiglia d’acqua e tantomeno fatto il pieno di gasolio. Il giro è lungo ed il Bapi entra in riserva, ma prontamente PP rabbocca con la tanichetta da 10 litri di scorta.
Passiamo una specie di pre frontiera con il controllo passaporti e proseguiamo in un paesaggio che sembra la terra di nessuno. L’Algeria adesso è davvero vicina, scorre il confine pochi metri ad ovest; è tanto vicina che riusciamo a vedere due automobili sfrecciare su una strada a noi parallela.
A questo punto, forse per l’emozione di rimanere a piedi con il Bapi, PP ha un’idea geniale: come troviamo un negozio compriamo dell’acqua e andiamo nel deserto a mangiarci una fumante polenta Arnaboldi, un modo come un altro per iniziare i preparativi per il fine anno!!
Detto fatto, controlliamo la direzione del vento per parcheggiare correttamente il Bapi, ed in un attimo allestiamo un fantastico ristorantino con area relax e tanto di brandine per la pennica post prandiale. Bellissimo, e la polenta in busta non mi è sembrata mai così buona!!
Ripartiamo a pancia piena e rilassati alla conquista di Nefta e quindi del distributore. Con 70 dinari riempiamo anche la tanichetta di scorta.
A Tozeur vorrei fermarmi ma facciamo solo un giro con il Bapi e mi stupisco di quanti nuovi hotel abbiano costruito, sembra Rimini.
Lungo le strade caotiche la cosa che ci colpisce di più è un rivenditore di polli allo spiedo che per attirare la clientela ha assoldato un DJ, con tanto di consolle e casse alte un metro dalle quali si diffonde musica locale ad una quantità di decibel che da noi sarebbe proibita anche per un concerto a San Siro!
Un suo collega fruttivendolo poco più avanti usa invece, oltre alla musica, delle luci psicadeliche, trovata geniale…
Arriviamo alla pace del Chot. Da questo versante è molto più suggestivo, con tutta la crosta di sale bianco che sembra neve. Quest’anno sembra completamente asciutto, l’acqua viola si intravede solo ai margini della strada asfaltata che lo attraversa.
Ci fermiamo ad ammirarlo, incerti se aspettare o no il tramonto, ma oggi è il 31, e non vorremmo arrivare tardi per il veglione. Così ci rimettiamo in marcia, anche non troppo spedita perché ad ogni villaggio che attraversiamo ci sono diversi “rompi molle” che ci obbligano quasi a fermarci.
Arriviamo a Douz con tipo 400 km in saccoccia, ecco perché mi sento un po’ stordita! Però fisicamente mi sono abbastanza ripresa, pronta per il giro di domani. Ma prima bisogna pensare a festeggiare, ci aspetta il cenone! Pare ci sia da pagare un supplemento di 5 dinari, quindi ci aspettiamo grandi cose.
Ma la triste verità è che il cenone lo faranno per un gruppo esterno, con tanto di orchestrina, noi residenti invece meno del previsto, una desolazione, anzi peggio perché fra l’altro confinati in un angolino per non disturbare!!
Ci sono altri quattro italiani, facciamo conversazione ma non andiamo oltre le 22, oserei dire quasi un record, e poi andiamo a nanna, non prima di aver aperto in camera il panettone Melegatti!
1/01: 226km  51,3 avs  4,25h  99 vel max, temp max 24°circa
Tanti auguri, tanti auguri, sms arrivano copiosi ai nostri cellulari. Per iniziare bene l’anno decidiamo di andare a Ksar Ghilane, partiamo alle 9.00 con 10.6°, il pile ci sta bene. Ma poco dopo aver iniziato la pista ci accorgiamo di aver saltato il bivio e di percorrerne un’altra che punta a Sud e non Sud Est. E’, scopriremo dopo, un taglio verso il posto di controllo, pochissimo frequentata ma molto divertente rispetto la solita, perché tutta curvette che ti obbligano ad una guida “sportiva”, risultato una bella sudata e togliersi il pile!
Si salta così Ibrahim e si arriva sulla pista per Ksar Ghilane quella che costeggia il parco naturale. La pista è molto veloce e spesso molto larga. Oggi è talmente trafficata che sembra di essere in statale; sono tutti i turisti che hanno festeggiato nel deserto ed ora rientrano negli alberghi. Noi siamo contro corrente. Solo a tratti è insabbiata, ma in ogni modo percorribile anche con moto non troppo performanti.
Lungo la pista ogni tanto sorgono “baretti” del deserto, ma noi rimaniamo fedeli ad Ibrahim e tiriamo dritti. Ma a pochi chilometri da Ksar il Pompelmo finisce con la posteriore su di un sasso che nella precedente vita era un rasoio, e per non tradire troppo le sue origini era lì piantato nell’attesa di tagliuzzare una cosa qualsiasi, il caso ha voluto che si trattasse di un Pirelli MT32 nuovo di zecca. E’ riuscito così bene nell’intento da aprire un varco di almeno 3 centimetri, lasciando la moto sul cerchio in soli dieci metri percorsi. Porco qui, porco là, adesso come faccio…, va bene, piano piano andiamo a Ksar, poi tu resti lì, io con Lampo torno a Douz, prendo il Bapi e torno in dietro su asfalto.
Questo era il piano, perché ripararla, con un taglio simile non se ne parlava neanche.
Alla faccia del piano-piano; lo vedo che va via almeno ai 40kmh con la moto che scodinzola come un gatto arrabbiato, io mi tengo a debita distanza e faccio da scopa!
Prima di arrivare all’oasi la pista scompare e si attraversa un cordone di dune, ma in questi giorni sono passati così tanti mezzi che sembra quasi abbiano spianato la sabbia lungo il percorso, è impossibile perdersi, basta seguire le tracce. E qui, con il copertone a terra il Pompelmo dà il meglio di se, con un’aderenza pazzesca arriva davanti la pozza dell’oasi in un batter di ciglia.
La pozza è piena di cadaverici turisti che fanno il bagno, altri noleggiano quad, oppure partono per un giro fino al forte romano con il dromedario, le 4×4 sono parcheggiate ovunque, è il momento di maggior afflusso.
Chiediamo a dei motociclisti italiani, che, davvero gentilmente, ci danno un copertone usato, ci vendono una camera d’aria nuova e ci mettono a disposizione i loro attrezzi.
Fare base qui mi sarebbe piaciuto molto, c’è un bel campeggio con delle grandi tende berbere munite di confortevoli letti di legno con materasso. Basterebbe portarsi il sacco a pelo.. Magari sarà per la prossima volta.
Verso la fine dell’oasi c’è una casina con file di taniche e bidoni in bella vista e pittoresche scritte sulle pareti ad indicare che lì si può acquistare benzina. Come ci avviciniamo un gruppetto di bimbi ci accoglie e chiama la mamma, che in un elegante abito di velluto blu, riempie una tanica da dieci litri e ce la porge. Ovviamente il prezzo è maggiorato, ma meno di quanto ci aspettassimo: 18 dinari piuttosto che 12,65.
Vorremmo fermarci alla pozza per un thè ma c’è troppa confusione, così ci mettiamo in marcia, la strada è lunga, saranno le due passate ed in più si sta alzando un vento micidiale.
Infatti come saliamo sul piccolo cordone il vento è già forte da far entrare sabbia attraverso la mascherina e farti lo scrub agli  occhi, che non è proprio una cosa piacevole!! Nonostante tutto, mi diverto ugualmente,  con Lampo che romba e si arrampica sulle dunette con estrema facilità.
Le cose si complicano da lì a poco, quando ricomincia la pista. Il vento soffia proprio in senso a noi contrario, alzando la sabbia che nasconde sassi buche ed altre ostilità. Non riesco a guidare in piedi, le braccia non mi tengono, è come se volessi alzarmi guidando ai 120kmh! Allora rimango seduta, anche se non mi sento a mio agio e benedico le sospensioni di Lampo, altrimenti sai che botte alla schiena..
Questa volta però percorriamo la pista più lunga ma più veloce, che è quella che passa da Ibrahim.
Facciamo cambio di moto, perché mi sembra che Lampo faccia un brutto rumore e non vorrei che si stia rompendo perché ci hanno dato benzina di pessima qualità, ma PP mi rassicura che va bene, e visto come si diverte mi tengo il Pompelmo.
So che mancano solo una trentina di chilometri, ma sono stufa. La tole ondulée se vado troppo piano è davvero fastidiosa e se corro non vedo i sassi, non vorrei proprio fare il  bis in giornata!!
Ma prontamente interviene PP, istigandomi per interfono, sfottendomi che vede benissimo che sto mollando, ed io che sono davvero stufa, “no, ti sbagli, non credo proprio”, ingarellandoci così in una piccola bagarre, durante la quale lui continuava a ridere e ripetermi che era proibito superarlo, che non potevo, anzi non dovevo, guaiiiii…
Arrivati in hotel, sporchi come minatori, ci siamo concessi un bagno ristoratore ed un po’ di nanne, con l’intento di andare a mangiare una pizza se anche questa sera il menu fosse stato scarso, invece è andata meglio del previsto, anche il dolcetto al cioccolato!!
2/01 Douz-El Sabria
Vuoi che ce ne fosse bisogno, vuoi che il fisico di chi non sto a precisare aveva qualche defaiance da ieri, abbiamo fatto dei lavoretti sulle moto, anzi su Lampo.
Ieri sentivo dei rumori diversi, uno in particolare mi sembrava di lamiera, in effetti l’occhio vigile di PP si accorge che è saltata la saldatura che tiene ferma la marmitta. Questo può significare due cose: una che Lampo vibra talmente tanto da spaccare tutto, e l’altra che la saldature, fatta in casa, fosse sotto stimata, a voi la scelta.
Per rimediare siamo andati in paese a cercare una fascetta e del materiale isolante, non è stato semplice ma ci siamo riusciti e la modifica almeno per oggi ha retto, anzi reggerà per l’intero viaggio.
Con l’occasione ci siamo concessi in brik all’uovo al ristorante con vista sulla strada principale; adesso Douz è quasi tornata alla normalità; finito il festival i turisti sono quasi tutti ripartiti e il traffico è costituito quasi esclusivamente dai moto becane MBK. Anche il nostro albergo è quasi vuoto.
Verso la 14 partiamo per un giretto su asfalto, direzione Es Sabria, che è dopo Zafrane. L’asfalto, quando si entra nel paese, finisce e la strada  che gira fra le case e baracche è di sabbia. Adulti quasi nessuno, forse sono a lavorare, ma di bimbi c’è ne sono tantissimi, che al nostro passaggio si sbracciano nel tentativo di convincerci ad impennare le moto, ma con noi cadono male, non siamo capaci..!
Ad un certo punto la stradina finisce a ridosso di un fortino. Ci fermiamo a guardarlo e, visto che è molto interessante, optiamo per un thè vista dune. Pare che si tratti di un forte francese, ora diventato rifugio per turisti e carovane, dove sono stati girati diversi films ed anche spot pubblicitari tipo uno degli ultimi della TIM.
Il thè era molto buono, facciamo qualche foto e torniamo in hotel a caricare le moto perché domani ci trasferiamo a Tatauine, ma lungo la strada sono costretta a fermarmi per fotografare un cartello stradale troppo inopportuno: attenzione attraversamento porcelli, e chi li ha mai visti in un paese musulmano?
3/01 Douz-Tataouine
Faccio ancora fatica a ricordarmi che siamo in gennaio, quindi non 3/12 ma 3/01, sarà forse perché ci sono mancati i brindisi e non ho fatto esplodere neanche un piccolo rauto?
Partiamo con calma verso le 9,30, non prima però di aver comprato una decina di chili di datteri da regalare ai nostri cari, e raccolte due taniche da venti litri di sabbia. Vi chiederete ma a cosa vi serve? Ebbene, i miei cactus da quando li ho trapiantati nella sabbia del deserto sono molto felici, crescono che è un piacere ed uno mi ha anche omaggiato di un delicato e profumato fiorellino giallo! Quindi..
L’umore è alto come al solito, ci sentiamo davvero rilassati da bravi vacanzieri. Pp lungo la strada che porta a Matmata come scorge una pista che si dirige verso una ipotetica destinazione interessante marca il punto sul GPS.
Matmata arriva e con lei anche questo paesaggio semi lunare, oserei dire, rappresentato da alte colline con i versanti corrosi dall’acqua in  solchi profondi, ogni tanto una palma qua e la, qualche pianta d’olivo e curve, si, delle belle curve dove il Bapi dà il meglio di se.
Le foto le faccio in movimento, non abbiamo intenzione di fermarci ora. Proseguiamo verso Médenine lungo quella che PP chiama una tortuosissima strada che mette a dura prova la sua resistenza di pilota da furgone.
Di Médenine PP ha un ricordo come di una località famosa per i gran panini, così ci mettiamo alla ricerca e fra un rivenditore di benzina libica, una testa di mucca appesa in bella mostra e pile alte due metri di soffici materassi, scorgiamo una vetrinetta di panini ed altre bontà.
Qui assisto ad uno degli spettacoli culinari più impressionanti che mi sia capitato, ovvero mi distraggo ordinando una focaccina fritta e quando mi volto vedo PP che fra le mani stringe, (con entrambe le mani, altrimenti non sarebbe riuscito…) un enorme panino, ma non per le dimensioni, piuttosto per lo spessore; nel suo interno gli avevano messo: arissa, cipolla con prezzemolo tritato, salsa piccante di lenticchie, carote, insalata, patatine fritte, tonno, olive e per concludere, nel dubbio fosse stato poco farcito, un uovo a frittata.
Lungo i cinquanta chilometro che percorriamo per arrivare a Tataouine penso a quanto sia piacevole viaggiare anche su asfalto quando le strade sono così poco trafficate, e mi viene anche da giustificare i nostri legislatori che ci asfissiano con norme sulla sicurezza, perché effettivamente noi siamo davvero in molti..
L’atmosfera è molto rilassata, passando lungo i paesini la gente sembra molto tranquilla, non c’è turismo, le botteghe vendono beni necessari alla vita quotidiana. Le case sono quasi sempre bianche, con le finestre e porte in ferro battuto celestine e non del solito turchese.
A Tataouine prendiamo possesso di una spartana camera all’hotel Mabrouk, dove su consiglio di altri motociclisti italiani non ci fermeremo a mangiare, pare sia meglio di no!
Scarichiamo le moto e andiamo a fare un giro segnalato paesaggistico sulla mia accuratissima cartina della Tunisia.
E’ quasi tutto su asfalto, ma ci entusiasma ugualmente. E’ un paesaggio mosso, con delle ripide ma non molto alte montagne di terra scura, quasi rossa, che mi ricordano molto i dintorni di Tauroudant in Marocco. E’ una zona caratterizzata dagli Ksar, antichi granai fortificati a più piani. Ne vediamo uno bellissimo dal nome di Ksar Ouled Soltan. E’ in cima ad una collina con la strada che gli gira intorno, quasi completamente integro, davvero uno spettacolo e nessun turista a fotografarlo tranne me.
Poco dopo prendiamo una pista per tornare a Tataouine, ma è molto breve e finisce subito su asfalto.
Un breve giro, ma sufficiente per farci capire che questa sia davvero una bella zona da scoprire, solo che non siamo abbastanza documentati, ma ci arrangeremo in un modo o nell’altro.
Nella collina sopra l’hotel c’è un dinosauro riprodotto, credo, in dimensioni naturali; la tentazione è forte, quindi prima di rientrare per la cena, ci arrampichiamo lungo la stradina che porta da lui e ci immortaliamo con autoscatto nelle solite pose sciocche per ridere un po’.
A cena ci troviamo con i nostri nuovi amici Toni e Frank di Pordenone, la serata passa così piacevolmente che facciamo le ore piccole, ben le 22,45, tardissimo per i nostri standard.
4/01
Oggi giro su pista.
Partiamo verso le 9,30 con già 17 gradi, ma c’è un bel venticello, che ci accompagnerà per l’intera giornata, che rende necessario il pile.
Passiamo per Chénini su asfalto, lungo quella che un tempo era una lenta e sassosa pista diretta a Ksar Ghilane.
La giornata è limpida e non rinuncio a scattare qualche foto. Percorriamo venticinque chilometri di asfalto e poi iniziamo la pista, la cui traccia era stata ricalcata da PP dalle foto di Google heart prima della partenza per la Tunisia.
La direzione per i primi chilometri è Ovest, poi si arriva al fatidico punto x dell’incrocio: di fronte a noi la pista continua larga e confortevole, mentre a sinistra scorgiamo la classica pistaccia scavata per misteriosi motivi dalle ruspe, dritta per dritta, incurante di montagne, dirupi, o quant’altro ed è ovvio che il beffardo Google ci spedisca giù di là. Ma Pompelmo e Lampo non hanno paura di niente, i piloti meno che meno e quindi si va.
Non incontrare anima viva è il termine più appropriato alla nostra situazione, perché non dico persone, ma almeno un dromedario o un asinello di solito lo vediamo, invece oggi niente; non trascurando il fatto che la pista a tratti è completamente mancante in seguito a remote inondazioni, a tratti è sepolta dalla sabbia sulla quale sono anche cresciuti dei lussureggianti cespugli e di tracce recenti neanche l’ombra; insomma dovrebbero essere tutti indizi atti a scoraggiarci, invece perseveriamo.
Ad aggravare il disagio ci si mette una recinzione di filo spinato che delimita non si sa cosa, che non sia un confine militare? Non è che ci sono le mine gli faccio per interfono a PP, e lui, ma non dire cavolate, ma non mi schiodo dalla traccia della sua ruota.
Da quando siamo a Tataouine la abbiamo notato una forte presenza di militari, lungo l’asfalto si incontrano piccoli convogli, spesso all’imbocco delle piste ci sono queste basse e larghe jeep mimetiche in appostamento, e dei ragazzi italiani ci hanno raccontato che da Ramada erano stati rispediti a Tataouine perché senza permesso.
A farla breve ci sta che fossi un po’ tesa ad attraversare recinzioni perse nell’apparente nulla!
Arriviamo all’asfalto, nessuno ci nota, nessuno ci ferma e filiamo verso Tataouine dal benzinaio.
Qui con grande soddisfazione scoprirò che Lampo ha migliorato i suoi consumi:…………. percorrendo ben 200 km senza lasciarmi per strada.
La sera a cena i nostri amici ci raccontano della bella pista che hanno percorso oggi per visitare alcuni sperduti ksar, ma che non hanno potuto ultimare in quanto troppo insabbiata.
Mi viene curiosità; l’alternativa, per noi che non abbiamo una buona cartografia della zona, è altrimenti percorrere la pista per Ksar Ghilane, ma io sarei più orientata sul vedere cose nuove, così PP si lascia convincere senza troppo entusiasmo.
5/01
Oggi i nostri amici partono per Gafsa, così ci perdiamo in lunghe chiacchiere fino al momento dei saluti.
Finalmente siamo pronti e partiamo; questa mattina, anche se il sole è caldo come al solito, c’è un freddo vento che soffia forte ed i gradi non mi sembra che salgano sopra i 17.
Il primo tratto è tutto su asfalto, il paesaggio è abbastanza piatto, non mosso da colline come verso Oled Soltane.
Vediamo in lontananza diverse ksar, più o meno diroccate, poi inizia la pista, ma non andiamo molto veloci, sia perché c’è una specie di tole onduleé che dà delle belle botte, sia perché con il vento guidiamo quasi sempre seduti; si alza molta polvere e sono costretta a viaggiare molto distante da PP per non rimanere nella sua scia.
Alcuni tratti sono insabbiati e mi immagino i nostri amici ieri mentre la percorrevano, a tratti si possono ancora scorgere le loro tracce.
Ad un certo punto sulla destra ci si presenta uno ksar di dignitose dimensioni in un buono stato di conservazione. Entriamo per visitarlo; qui all’interno si è abbastanza riparati dal vento, così decidiamo di fermarci per mangiare il nostro solito sacchetto, ma prima di aprire la bresaola PP si accorge della presenza di un gatto fra le macerie.
Seguo il miagolio e lo vedo che fa capolino fra i sassi, è piccolino e tutto nero. Non sembra abbandonato perché è in buona forma, ma continua a piangere a squarcia gola come se chiamasse la mamma; si avvicina a noi, forse ha sentito nell’aria l’odore della bresaola che nel frattempo abbiamo aperto.
Mangiamo in sua compagnia dividendo con lui il nostro pasto e la nostra acqua, mentre divora i bocconi fa le fusa ed “impasta il pane” con le zampine.
Al pensiero che fra poco tornerà la sua mamma ad accudirlo rimonto in moto ed in pochi metri siamo sull’asfalto.
Ma allora i nostri amici non sono arrivati a vedere lo ksar? E soprattutto per via di quell’ultima lingua di sabbia prima dell’asfalto si sono dovuti rifare tutta la pista al contrario?———–
E’ proprio vero che a seconda del mezzo che si guida le sensazioni di difficoltà o di divertimento possono cambiare enormemente!
La sera senza i nostri amici ceniamo ugualmente nel ristorante dell’hotel Sangro, ma non al self service, ma al ristorante, dove ci coccolano molto creando un’atmosfera davvero accogliente; gli spaghetti tagliuzzati corti corti sono solo un dettaglio di poca importanza..!!
6/01 Tataouine-Kairouan
E’ ora di puntare a nord, di avvicinarci lentamente a Tunisi.
Eravamo molto desiderosi di percorrere la via del ritorno lungo le strade che confinano con l’Algeria, fino ad attraversare la crumiria e sbucare a Tabarca, ma sentiamo Chiodi per telefono che ha già prenotato l’hotel Kasbah a Kairouan per tutti, così cambiamo programma senza pensarci troppo.
Lungo il percorso decidiamo di affiancare il primo moto becane da lunga percorrenza per regalargli la giacca invernale da moto che PP non usa più e finalmente scorgiamo un vecchietto che fa al caso nostro: procede con motorino scassatissimo, un casco aperto sotto il quale indossa il cappuccio del piumino per ripararsi dal vento. Lo affianchiamo e gli facciamo cenno di fermarsi, lui mette il cavalletto e si avvicina con un fare come se volesse capire di che aiuto abbiamo bisogno, invece, quando capisce che siamo noi a voler aiutare lui e prende in mano il giaccone, il suo viso si illumina. Non parla francese ed inizia a gesticolare in un misto di gioia e sorpresa, guarda al cielo e ringrazia, sembra sinceramente commosso dal fatto che una tale fortuna sia capitata proprio a lui.
Noi ripartiamo e dallo specchietto retrovisore lo vedo che si toglie il piumino per sostituirlo subito; ho quasi la sensazione che le persone di una certa età apprezzino di più un dono.
Il viaggio procede senza particolari degni di nota.
Qui i mestieri si improvvisano e si inventano più che da noi. Lungo la strada ho visto uomini vendere trecce enormi di peperoncini rossi dall’aspetto piccantissimo; altri che vendevano taniche di benzina e latte d’olio motore acquistati in Libia ad un prezzo decisamente inferiore; donne lontano da centri abitati che vendevano the caldo munite solo di una cassa di legno sulla quale era poggiato un fornelletto con sopra la teiera di metallo ed esposti due o tre bicchieri; oppure, quasi a Kairouan, ragazze che in una specie di anfora di terra cotta cuocevano delle tipiche piadine buonissime e le farcivano di arissa, tonno olive e formaggino alla faccia delle norme HACCP.
Quando si varca la sontuosa porta dell’hotel Kasbah di Kairouan si respira un’atmosfera quasi di un mondo diverso, eppure non siamo stati teletrasportati altrove;  le eleganti camere sono interamente rivestire di piastrelle disegnate con sgargianti colori verdi e blu su base bianca, il soffitto è in legno intarsiato e dipinto come il comò ed i comodini, per non parlare del buffè al ristorante che potrebbe sfamare metà del Sudan.
Dopo esserci riposati un po’ facciamo una passeggiata nella medina.
Qui si viene quasi rincorsi dai venditori di vasi o tappeti se solo il nostro sguardo, per curiosità, si è soffermato più di trenta secondi su un loro prodotto in vendita.
Lo stesso accade a me che indico a PP un bellissimo vaso color ocra. C’è attaccato il prezzo di 250 dh, ma il venditore prontamente mi dice che quello è il prezzo per gli americani, a me può venderlo a 140! Gli chiedo se sta scherzando e faccio per andarmene, ma è troppo tardi, la bagarre ha inizio: mi racconta la storia del vaso ed inizia ad abbassare il prezzo, io non sono interessata e proseguo il mio cammino. Credo di averlo dissuaso ma dopo pochi minuti lo sento che da lontano mi chiama: ”signora, signora, quanto ultimo prezzo. Dai 80 dinari”. Ci raggiunge e ci racconta che ha vissuto vicino Modena per due anni, che in Italia si sta bene, ma la vita, soprattutto se non si ha permesso di soggiorno, è molto dura e cara. Così è tornato in Tunisia, dove tutto sommato non ci sono soldi, non c’è lavoro, ma si sta bene.
Continua ancore un po’ la sua opera di convincimento ma noi non siamo interessati, è così bravo che alla fine PP gli regala i dieci dinari che ha in tasca e gli fa i complimenti per l’abilità di venditore, lui lo guarda sorpreso e così ce ne andiamo.
In hotel ci aspettano le esperte mani di due massaggiatrici che, dopo averci cosparso di olio profumato fino a farci sembrare anguille, ci assesteranno le membra per ben 55 minuti, fantastica coccola.
Per cena, su consiglio del cicciotto guardiano notturno,  andiamo a mangiarci una pizza al “piccolo mondo”, ma non c’è molto folclore da osservare, infatti è quasi deserta, sono tutti, rigorosamente uomini, radunati nei bar con tv a guardare la partita di calcio.
7/01 Kairouan-Kairouan
Questa mattina partiamo con il Bapi per un giro turistico sopra Kairouan. Non è molto lungo, all’incirca duecento chilometri, ma sulla carta è segnato in verde e noi siamo curiosi e vedovi dalle moto non vogliamo girar per musei, PP soprattutto!!
Faccio pratica con il GPS di PP ed imposto come destianzione Makthar, per un po’ si percorre la strada per Gafsa, poi, passata Chébika si gira a sinistra verso Haffouz, Kesra.
Poco dopo il bivio, lungo un rettilineo, PP mi chiede se ho visto anch’io il cinghiale; quale cinghiale? Così fa inversione e torniamo in dietro per fotografarlo; capperi, è un bel cinghialotto investito bordo strada, di quelli che già vedrei tramutati in buonissime salsicce affumicate o gustosi prosciutti, invece lui è lì, stecchito a zampe all’aria con le mosche che banchettano.
Lo spettacolo dura poco e ripartiamo, finestrino mezzo aperto perché PP fuma, ma poco dopo un rumore nuovo mi mette in allerta, “lo senti anche tu? Che cosa è?”.
Ci fermiamo e constatiamo che un bullone da sei si è avvitato nel copertone che si sta sgonfiando inesorabilmente.
PP mi ricorda che chi buca il primo dell’anno buca tutto l’anno, a me verrebbe da ridere, ma non mi sembra il momento così cerco di trattenermi, e lui mentre inizia il solito mantra di imprecazioni, “porco qui, porco lì, zio là …” si mette a leggere il manuale di istruzioni Fiat…. ‘Namo bene!!!
C’è da dire che in quasi tre anni che giriamo con il Bapi non avevamo neanche la chiave per smontare i copertoni, l’ha comprata PP poco prima di partire per la Tunisia, figuriamoci se fossimo preparati a montare la ruota di scorta!
In queste situazioni, come al solito, io faccio foto e giro filmini, e lui fa il lavoro sporco. E gli riesce anche bene!
Così torniamo a Douz in cerca di un gommista; un’officina con tanto di insegne colorate della Bridgestone sembra fare al caso nostro.
Come ci fermiamo, come in una gara di formula uno, cinque ragazzetti con età fra i tredici ed i diciassette anni prendono in mano la situazione; chi smonta la ruota di scorta, controlla la pressione di tutti i pneumatici, chi infila un silurotto di gomma nel buco dell’altra e così facendo in meno di dieci minuti siamo pronti a ripartire per la modica cifra di cinque dinari, pressappoco due euro e mezzo!
Torniamo sui nostri passi e riaffrontiamo la strada verso Gafsa come se nulla fosse accaduto, ma poco dopo aver oltrepassato il bivio per Makthar il rumore allarmante si ripropone: il tappo è stato sputato fuori dal copertone!
A questo punto Pp è super esperto e in pochi minuti ripete l’operazione di sostituzione.
Torniamo dalla gang e gli mostriamo il tappo; a questo punto, visto che il lavoro precedente era di qualità scadente, interviene il bos in persona, (che forse avrà avuto vent’anni), l’unico con i vestiti puliti e delle confortevoli pantofole in velluto verde, decide che un tappo non sia sufficiente, così ci appiccica una bella toppa e ci assicura che con questa arriveremo tranquilli in Italia.
Riprovare per la terza volta ad arrivare a Makthar ci sembra davvero sfidare il destino, così torniamo in albergo, visto che oramai si son fatte le due del pomeriggio!
I nostri amici del gruppo Chiodi arrivano in albergo verso le diciassette e con loro facciamo una passeggiata nella medina.
Il tipo che ieri voleva vendermi il vaso mi riconosce e mi rincorre offrendomelo a 50 dinari, niente male considerando che in partenza erano 140, ma a me non occorre, così sconsolato si arrende.
La sera guardiamo dopo quasi due settimane il tg su Rai 1. L’Europa intera sembra sotto una cappa di gelo, anche in Italia se non nevica piove a dirotto causando straripamenti e frane.
Speriamo solo che il mare con noi sia clemente, visto che pochi giorni fa il traghetto diretto a Genova si è dovuto fermare a Palermo per il mare forza 8.
8/01 Kairouan-Tunisi
Ecco arrivato il giorno fatidico. Oggi ci imbarchiamo.
A colazione l’argomento principale è il prossimo viaggio, non siamo ancora ritornati che subito si pensa a ripartire.
A febbraio Chiodi organizza il solito parco giochi per sole moto nell’Erg di Aubari in Libia. Pare che sia tutto organizzato e lui dà già per scontata la nostra presenza, ma se solo mi azzardo a parlare di ferie alla mia capa, temo che rischio l’osso del collo! Prendo tempo, non so se partirò, a me piacerebbe è logico, speriamo, Inshallah.
Arriviamo in porto verso le tredici, con largo anticipo, è il momento di comprare vasi e piatti.
In porto, prima dell’ingresso, i prezzi sono molto convenienti, bisogna solo avere un po’ di pazienza per sopportare il solito assalto da parte dei venditori.
Non riesco a spendere neanche la metà dei dinari che mi sono rimasti e con un bel bottino torno al Bapi.
Nel frattempo il piazzale inizia a popolarsi di 4×4 rivestiti di adesivi più o meno racing dakariani.
Arriva anche qualche motociclista, un paio hanno targhe tedesche ed io, mentre a Tataouine quando abbiamo caricato le moto sul Bapi ero un po’ triste e malinconica dell’essere in furgone, ora non li invidio neanche un po’ al pensiero che da Genova li aspetta neve e freddo fino a casa.

EPILOGO

Il viaggio in mare andrà meglio del previsto.
Niente onde forza 8, e tante chiacchiere in compagnia di quegli amici che solo in traghetto si incontrano, una o più volte l’anno, ed ogni volta ci si riconosce con affetto, come se appartenessimo tutti ad una grande famiglia, ci si aggiorna sui viaggi passati, su quello appena vissuto e si sogna per quello futuro. Tante persone diverse fra loro, ma in ogni modo con una grande cosa che ci accomuna, la passione per il viaggio, che se si svolge nel deserto è meglio ancora, a due ruote o quattro poco importa, l’importante è andare, come se fosse un irrefrenabile bisogno di disintossicarsi da tutta questa civiltà che inizia a starci stretta, con tutte le sue regole e proibizioni.
Fin quando ci permetteranno di sentire scricchiolare la sabbia fra i denti ci sarà sempre una bella storia da raccontare.
WB