Giovedi’ 24 vi aspettiamo alle 20,45 al Tennis Pineta di Via Camuzzoni 1 ( ampio parcheggio gratuito con possiblità di cenare contattando lo 045 978 2009 )   per un cammino di due anni e 12.000 km attraverso Italia, Slovenia, Ungheria, Romania, Bulgaria,Turchia, Georgia, Azeirbaijan, Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan fino ai margini della Cina.
Un’avventura straordinaria di un novello Marco Polo che supera confini, conosce persone,
impara qualche parola delle lingue dei paesi attraversati, senza mai appoggiarsi ad alberghi o
ristoranti ma trovando ospitalità da persone incontrate lungo il cammino o dormendo in luoghi
abbandonati o nella propria tenda…Percorrere le vie dell’ antica e della nuova Via della Seta per denunciare l’inquietudine che nasce dalla contraddizione di vivere nell’era del progresso tecnologico e provare una profonda insoddisfazione esistenziale.

La nostra è l’epoca in cui alziamo confini e imponiamo distanze mentre l’umanità fiorisce riconoscendosi nell’incrocio tra le diversità; è il tempo di una crescente incapacità di comunicare nonostante la facilità di accesso e di dialogo con tutte le lingue del mondo.  Un viaggio a piedi attraverso umori, storie, muri, miti e paesi nell’anima segreta delle culture. Ogni paese conosciuto ha avuto un significato iniziatico e ogni persona incontrata si è rivelata testimone di un tesoro nascosto

Daniele Ventola, nato a Napoli nel 1992, fratello minore del filosofo e autore Mauro Ventola, è cresciuto nella periferia orientale di Napoli. Muove i primi passi sui cammini di Santiago e su quello di San Francesco che lo iniziano agli studi religiosi e antropologici.
Consegue la laurea in Antropologia a Bologna nel 2017 con una tesi sulla ‘mitologia contemporanea’. Nel 2018 dà vita al progetto “Vento della Seta”, partendo per un viaggio a piedi che lo terrà impegnato per 2 anni. Collabora con l’associazione A.r.ca (Agende Rosse Campania) e scrive per l’associazione culturale Dajai. Il sito del viaggio è www.ventodellaseta.org

ESTRATTO
«Sognavo terre desolate con cieli a forma di mare. Come molti prima di me, e tutti dopo di me. In quei
sogni ho covato fantasmi che sapessero comunicare attraverso lingue straniere: ne ho indossato tutte le
facce pur di uscire indenne da situazioni pericolose. Come un cartografo, ho unito i puntini della storia. Ho
attraversato campi verdi, terre ghiacciate, cercando le espressioni innite dei popoli. E ho riso e pianto. E mi
sono consumato. E il vento mi ha pettinato e la pioggia mi ha inna ato, la neve mi ha educato, mentre il sole
mi nutriva. I volti… Centinaia di volti, migliaia, milioni di espressioni inde nite che ricalcano le narrazioni di
biograe inscritte nelle rughe di tutti. Linee inde nibili tracciate sulla sabbia da un ramo che il mare disperderà
tra le onde del tempo. Ho imparato a essere me stesso con le anime che sanno ascoltare. Ho imparato a essere
nulla di fronte a chi è incapace di sentire. Nel misticismo dell’Italia, tra i mosaici di Aquileia e i colori di Venezia, i tramonti di Grado… così iniziava la mia Via della Seta. Così, come un Vento tra gli spiriti delle foreste di Slovenia, totem di orsi; così come un ungaro contro le insidie della puszta. Ho disceso le gole di Iskar
inseguendo l’antica saggezza di So a, come una nube lontana che si spiana sul Bosforo. Così il Corno d’Oro
dove risiedono i miei desideri dispersi in una bottiglia di vetro. Ho incontrato Amirani/Prometeo tra i monti di
Kutaisi, e pregato un dio senza religioni tra Mtsketa e Tbilisi. Sono giunto nella terra dei fuochi che diede natali ai vichinghi, l’Azerbaijan. Sono salpato verso le coste del Kazakistan, attraversando le terre dei nomadi e il
richiamo dell’Asia, dove le cupole si dipingono di cielo tra i minareti di Buchara e le madrase di Samarcanda.
Figlio del Tajikistan, fratello dei nomadi, orfano di mondi, mondato, trafugato e ridestato dal cielo e dai suoi
splendidi soli. E contemplato ancora le vette innevate del Tian Shian con un aksakal.
È tutto concentrato in una lacrima che ora, con il Vesuvio che mi guarda dal  finestrino del treno nel mio
viaggio di ritorno, non riesco a versare.»